St Andrews non vuole invecchiare.
È ufficiale: anche il campo più antico del mondo ha deciso di entrare in palestra. L’Old Course di St Andrews, la culla del golf, si prepara a una piccola, ma significativa rivoluzione in vista dell’Open Championship del 2027. Non stiamo parlando di un rebranding, né di un’operazione nostalgia. È chirurgia estetica di precisione: un lifting per sopravvivere ai driver del 2025, alle palline supersoniche e ai giocatori che spaccano le 330 yard come se fossero noccioline. Il problema, in fondo, è semplice: l’Old Course non può più permettersi di essere solo “antico”.
Anche le leggende devono evolversi
La R&A e lo St Andrews Links Trust hanno annunciato un piano di “enhancements and restorations” per adeguare il campo al golf moderno. L’obiettivo? Mantenere intatto il fascino del percorso, ma renderlo di nuovo una vera sfida per i fenomeni moderni. Non è la prima volta che succede: tra il 2000 e il 2005, per esempio, furono aggiunte circa 350 yard. Ma stavolta il lavoro è più sottile, più chirurgico, più strategico.
E arriva in risposta diretta a quello che è successo durante l’Open 2022, quando St Andrews fu praticamente demolito da drive e wedge. Un festival di birdie in cui il vento sembrava un ospite inutile. La sfida, oggi, è rendere di nuovo ogni buca una scelta, non una formalità.
L’Old Course si allunga: buca per buca
Il campo passerà da 7.313 a 7.445 yard: +132 yard totali. Poche sulla carta, ma decisive nella sostanza. Ecco i cambi principali:
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5ª buca (par 5) – Nuovo tee aggiunto: +35 yard. Il fairway resta largo, ma la nuova distanza obbligherà i giocatori a scegliere tra un drive rischioso a destra dei bunker o un lay-up prudente.
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6ª buca (par 4) – Aumenta di +17 yard, con il tee arretrato: un ferro un più lungo di secondo e drive che ora sfiorano nuovi bunker spostati in gioco sul tee shot.
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7ª buca (par 4) – Aggiunge +22 yard: una delle buche più fotografate, ora più tecnica. Il vento laterale diventa di nuovo un fattore e il secondo colpo si farà più spigoloso.
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10ª buca (par 4) – Aumentata di +29 yard. La linea “facile” al centro del fairway sarà meno accessibile: chi vuole guadagnare metri dovrà flirtare col rough.
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11ª buca (par 4) – Tee rialzato e allargato: +21 yard in più. È una delle zone più esposte al vento del campo e con questa modifica tornerà a essere la buca brutale che tutti ricordavano.
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16ª buca (par 4) – Un tocco di romanticismo: il tee si allunga di 10 yard, ma soprattutto viene riaperta la linea storica di fairway a sinistra del bunker “Principal’s Nose”. Due nuovi bunker sul lato sinistro faranno da guardiani. In pratica: torna la St Andrews di un tempo, dove osare significava rischiare davvero.
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12ª buca (par 4) – Unica eccezione: accorciata leggermente e con tee riallineato per migliorare il flusso spettatori e la visibilità.
Bunker in rivolta
Non è solo questione di yards. È la geografia del rischio che cambia.
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Buca 2: i bunker lungo la destra del fairway verranno spostati più in basso e verso sinistra, così da tornare in gioco per i drive oltre le 300 yard.
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Buca 9: i bunker di approccio, incluso il famoso “Boase’s”, saranno ampliati per entrare in pieno nella traiettoria di chi punta troppo diretto.
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Buca 17 (la mitica Road Hole): il bunker verrà “restaurato” in modo studiato, riducendo l’accumulo di sabbia che negli ultimi anni lo aveva reso più gentile del dovuto.
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Buca 16: due bunker completamente nuovi entreranno nella zona di atterraggio dei drive moderni.
Insomma, l’Old Course non vuole più essere la vittima dei bombardieri: vuole farli ragionare.
Il perché: sopravvivere al nuovo golf
Non è un vezzo estetico. È una necessità. Oggi un professionista del tour tira il driver a 320 yard, con un volo stabile, senza spin, e un ferro 8 che atterra come un laser. Le buche da par 4 di St Andrews, nate per costringerti a pensare, sono diventate drive-pitch. Il vento scozzese non basta più a difendere l’onore.
La R&A, con buon senso, ha scelto la via più sottile: non trasformare l’Old Course in un mostro moderno, ma riportarlo a quello che era, una palestra mentale, non solo fisica. Allungare dove serve, accorciare dove è giusto, e restituire il senso del rischio.
+132 yard possono sembrare un dettaglio, ma raccontano una filosofia. Non è tanto la distanza in sé, ma dove e come viene aggiunta. Ogni tee arretrato è un invito a riflettere. Ogni bunker spostato è una domanda. E nel golf moderno, dove tutti tirano forte, chi riflette meglio vince. Come ha scritto The Fried Egg, “non è un campo che cambia: è un campo che si ricorda di com’era”.
Il vecchio che insegna ai giovani
In un’epoca in cui tutto deve essere “nuovo” o “più lungo”, St Andrews sceglie la via dell’intelligenza. Non si rifà il trucco per piacere, ma per restare sé stesso. Allunga un tee, riapre una linea, rispolvera un bunker e ci ricorda che il golf non è potenza, ma scelta. Quando nel 2027 il The Open tornerà qui, il campo sarà lo stesso eppure diverso. Come un vecchio signore che ha cambiato le lenti degli occhiali, ma vede ancora tutto meglio di tutti.
Solo un po’ più lungo, più saggio, e pronto a far tornare i birdie nella leggenda non nelle statistiche.