Uomini che odiano le donne: è il titolo di un romanzo straordinario e pure di un film, e, purtroppo, potrebbe essere anche il riassunto di quanto leggiamo ogni giorno nelle pagine della cronaca nera italiana. Ma non solo: ci sono uomini che odiano le donne anche nello sport. Lungi da me l’ambire ad arrivare alle radici di questo malessere così tanto diffuso, desidero piuttosto segnalare come la violenza in generale (in questo caso specifico contro le donne e ancor più nel dettaglio contro le donne sportive) non sia solo quella manesca e omicida di cui leggiamo nei quotidiani, ma sia anche quella delle parole dei social, una violenza verbale, insomma, che altro non è se non l’avamposto ideale da cui scatenare prima la consueta denigrazione e poi attacchi ben più gravi.
Per dire; nella giornata di martedì, mi sono imbattuta in una notizia di golf sensazionale: un’amateur messicana, Lauren Olivares, ha registrato lo score più basso della storia delle gare universitarie americane, portandosi a casa un 60 tondo tondo, frutto di ben 13 birdie e due bogey. Ora, i numeri non mentono. Mai. I numeri sono numeri, da qualsiasi parte li si guardi e dunque, di fronte a una performance del genere, ci sarebbe solo da applaudire e restare ammirati, e invece no: sui social sono arrivati i soliti analfabeti sportivi (maschi) a porre l’accento su come il golf femminile non sia neppure da considerarsi vero golf e su quanto poco contino in generale i risultati delle donne.
In definitiva, uomini ignoranti, la cui precisione coi ferri all’asta è accurata come quella di una scimmia che lancia freccette, si permettono di denigrare senza vergogna il risultato storico di una golfista donna: mi chiedo quale tipo di (mala)educazione questi personaggi possano aver ricevuto dalle loro famiglie in tenera età. E ancora: sempre martedì, spolliciando online, mi sono imbattuta in un tweet di un altro scimmione dello swing, un handicap 3 che racconta di far volare la palla dal tee per 290 yards. Nelle righe vergate online, il nostro King Kong, celebrando la sua bravura golfistica, raccontava che, se iscritto a un torneo dell’LPGA, certamente avrebbe ottenuto una Top 20 dietro l’altra, dimostrando povero lui, di non aver capito una ceppa del gioco del golf: un conto è tirare il drive lungo, un altro è fare lo score quando conta.
A mettere al suo posto il gorillone ci pensava comunque Charley Hull, star europea della prossima Solheim Cup: l’inglese ha sfidato apertamente il fenomeno a gareggiare in un match dove lei avrebbe giocato dai tee bianchi e lui dai rossi.