Conoscere uno sport, vivendolo non solo come spettatore, ma imparando a capirne i valori, i gesti, il linguaggio e le emozioni.
Questo è l’inizio di un percorso meraviglioso.
Ma da dove partire?
Se lo chiedono tanti genitori, molti bambini… e forse anche noi adulti alle prime armi. Provate a pensare:
“Cosa significa scoprire lo sport?”
È una scintilla, è uno stimolo, è il piacere di muovere, provare, cadere e risollevarsi.
In questo articolo voglio raccontarvi proprio questo:
“Come faccio a conoscere lo sport?”
Me lo ha chiesto anche mio figlio.
Spesso la risposta sta nel desiderio spontaneo.
Vedere un bambino correre, saltare, colpire una pallina è un linguaggio primitivo: parlare ai sensi.
È lì che nasce la curiosità:
“Quello che fanno mi piace, che cosa potrebbe succedere se provassi anch’io?”
“Papà, posso provare anche io quel bastone strano?”
“Mamma, cos’è quel buco nel prato e quella pallina tutta piccola?”
I bambini esprimono la loro voglia di conoscere lo sport attraverso domande che spesso ci sembrano banali… ma sono la chiave per avviare un’esperienza.
La psicologia dello sviluppo ci insegna che il gioco libero è il primo modo per conoscere il mondo.
Il gioco è molto più di un semplice passatempo. È lo strumento fondamentale con cui i bambini sperimentano e comprendono la realtà esterna, scoprendo allo stesso tempo chi sono. Per la loro crescita psicofisica, il gioco è un elemento essenziale: è attraverso di esso che costruiscono il significato del mondo e imparano a relazionarsi con gli altri.
Giocare permette ai più piccoli di esprimere la loro immaginazione, affrontare nuove sfide e rafforzare l’autostima, superando così ansie e paure. L’attività ludica, guidata da spontaneità, desiderio e piacere, getta le basi per un sano sviluppo affettivo, cognitivo e sociale. È qui che si forma la loro personalità e imparano a essere creativi.
Quando un bambino impugna una mazza per la prima volta, anche solo a scopo ludico, sta esplorando nuove possibilità, sperimentando movimenti, aprendosi all’equilibrio e al controllo.
È pura scoperta.
Guardare è già imparare, soprattutto se chi insegna sa come farlo con empatia.
Pensiamo a quanto sia potente un abbraccio e una parola gentile quando, incoraggiati, i bambini provano da soli.
“Wow, hai visto come hai fatto centro? Sei davvero bravo!”
Un sorriso è già palestra di motivazione.
Conosciamo bene la frustrazione, la fatica e la sorpresa di non riuscirci.
Anche un bambino che sbaglia un colpo, che per poco non centra il bersaglio, sta imparando.
Secondo Carol Dweck, la “mentalità di crescita” (growth mindset) si costruisce così: non ce l’ho fatta, ma ce la posso fare con l’impegno.
Ecco che quei primi colpi imperfetti diventano storie da raccontare: “Ci ho riprovato ancora, e stavolta… ho fatto centro!”
Il successo è gioia, e il fallimento? Stimolo, motivazione, voglia di provarci ancora.
Quali strumenti usare?
Ecco alcuni suggerimenti pratici per famiglie ed educatori:
- Esplorazione libera: lasciare che il bambino provi qualsiasi sport. Senza giudizio.
- Osservazione emotiva: notare cosa lo incuriosisce, cosa lo entusiasma.
- Coinvolgimento empatico: un sorriso, un incoraggiamento, un gesto condiviso liberano la voglia di imparare.
- Celebrare ogni progresso: dai primi tiri a quelli più precisi, ogni movimento conta.
- Trasformare la sfida in gioco: anche ritardi, errori, stanchezza diventano parte della storia di crescita.
Conoscere lo sport non è questione di tecnica, di strumenti o di performance. È una esperienza emotiva, sensoriale, relazionale.
È una porta a cui bussano i sensi, la curiosità, l’immaginazione, spesso camminando nelle scarpe di un bambino.
Se vuoi che un bambino “conosca lo sport”, chiedi prima: “che cosa lo chiama, lo incuriosisce, lo fa sorridere?”
Poi: lascialo provare.
Fagli sentire che sbagliare è ok, che riprovare è bello.
E allora lo sport diventerà per lui una scoperta, un gioco, una compagna da portare sempre con sé.
#golfpsychology