Breve viaggio all’interno dei rapporti tra campioni e swing coach: scopriamo chi allena chi, sui circuiti di mezzo mondo.
Capita anche ai grandi campioni.
Capita che la palla, come la vita, finisca dove meno te l’aspetti. E allora, in quei casi, capita che i giocatori se la prendano con i loro swing coach.
Per dire: è successo recentemente a Rory McIlroy, che ha detto ciaone al suo allenatore di una vita, Michael Bannon, per affidarsi al guru Pete Cowan.
E ancora: Brooks Koepka, che dopo il successo di DJ al Masters, è diventato verde di bile (ovvero dello stesso colore della giacca indossata dal detestato Dustin), in quattro e quattr’otto ha silurato Claude Harmon, i cui consigli divideva ormai da anni con il numero 1 del mondo.
Della rottura tra Brooks e Harmon ne ha approfittato Si Woo Kim, che ha lasciato da solo al campo pratica il fidato Sean Foley per assoldare proprio Claude, grazie al quale, per altro, ha di nuovo vinto sul Pga Tour.
Insomma, a differenza degli affairs sentimentali, tra campioni e coach è un via vai di relazioni che s’interrompono bruscamente per poi riprendersi come niente fosse e nessuno, neppure gli italiani che se la giocano sui Tour mondiali, pare essere esente da questa frenesia.
Abbiamo nominato gli azzurri e allora apriamo un capitolo speciale per loro, visto che, a parte Francesco Molinari impegnato negli States, gli altri hanno ripreso a gareggiare in Europa da metà marzo, dopo un mese di stop.
Ordunque: se Nino Bertasio è rimasto “fedele” all’Academy di Robert Rock con la quale si allena da oltre un anno (come Lee Westwood e Pablo Larrazabal, per altro), Renato Paratore, Guido Migliozzi e lo stesso Chiccuzzo hanno invece cambiato “casacca”.
Tradotto: da qualche tempo Francesco collabora assiduamente per lo swing con James Ridyard, che prima invece gli curava solo il gioco corto.
I due lavorano così tanto che Matteo Manassero, che oltre un anno fa ha affidato la sua rinascita tecnica proprio a James, pare abbia qualche difficoltà a fissare delle sessioni di allenamento.
Se Chicco ha lavorato dal 2016 al 2020 sulle modifiche del backswing (e su molto altro) con Denis Pugh, da parecchi mesi sta invece praticando sul creare in uscita la massima velocità della testa del bastone con Ridyard. E, a giudicare dai dati tecnici, pare ci stia riuscendo.
Guido Migliozzi, fresco del secondo posto in Qatar, si è invece affidato ad Alberto Binaghi per il gioco lungo e a Roberto Zappa per il putt: se nello swing sta lavorando molto sul ritmo per poter meglio controllare l’uscita del bastone, in green la priorità è trovare il giusto “pace”.
La semplicità resta comunque il mantra del vicentino, che del “visualizza, mira e tira” ha fatto il suo marchio di fabbrica.
E poi… Anche se Alberto Binaghi resta il suo punto di riferimento (tanto che qualche giorno fa era con lui al driving range di Monticello), Renato Paratore è recentemente passato sotto la lente di Ben Barham, stella nascente dei coach europei e della Robert Rock Academy.
Barham ha alle spalle un lungo passaggio (dal 2002 al 2010) da giocatore di Tour e di Challenge e, solo durante una grave malattia da cui è fortunatamente guarito, ha scoperto la sua passione per il coaching.
Nel mentre, siccome i giocatori sanno che le grandi scommesse vincenti sono quelle che ripagano migliaia di tentativi falliti, si dice che mezzo circuito europeo stia puntando le proprie fiches su di lui e sulla sua abilità di comunicatore: vedremo dunque se dalla roulette dell’azzardo tecnico uscirà il nome di un italiano.