Un nuovo Rory all’orizzonte

Questa settimana, con la carovana del Pga Tour che si sposta nei pressi di Washington D.C. per il Wells Fargo Championship, Rory McIlroy torna finalmente in campo e per giunta lo fa da defending champion.

Ora, dico “finalmente” per due motivi: primo, perché fin qui l’ex numero 1 del mondo ha giocato pochissimo (da gennaio, solo cinque tornei disputati negli Stati Uniti NdR); secondo, perché il nordirlandese manca dalle gare da quello strepitoso 64 siglato nell’ultimo round del Masters, in quello che secondo lo stesso Rory è stato “il giro più divertente della carriera”.

Dunque, inutile a dirsi, in quel di Potomac gli occhi dei guardoni delle cose del green saranno tutti puntati su McIlroy, sia perché mancano due sole settimane al Pga Championship di Southern Hills, sia perché ciò che Rory ha lasciato intravedere in Georgia ha deliziato la bocca degli appassionati, confermando tra l’altro la bontà del lavoro tecnico svolto nell’ultimo anno e mezzo. E se i numeri delle statistiche ci raccontano assai velocemente che in questa stagione 2021/22 il trend del nordirlandese è in grande crescita, qualcosa di meno evidente ma non meno importante è spuntato qua e là tra un’intervista magari passata inosservata e quel suddetto giro fatato del Masters.

Di cosa si tratta? Di un nuovo mood. Di un nuovo modo di approcciare il campo. Di una strategia meno aggressiva, meno roryana, ma più tigeresca, se così si può dire.

Tradotto: tempo fa, in una dichiarazione che i più non hanno colto, McIlroy ha raccontato di aver rivisto molte registrazioni dei tornei vinti da Tiger e di essere rimasto colpito di quanto la strategia di Woods in quelle occasioni fosse stata di attesa e di pazienza, più che di caccia al birdie a tutti i costi. Sembra un’assurdità ma non lo è: per dire, gli stessi psicologi dei giocatori del Tour, pezzi da novanta come Bob Rotella o Robert Winters, ricordano spesso come Tiger sia uno dei giocatori più attendisti del circuito e di come sia lucido nel saper prendere il rischio solo quando lo si può realmente prendere.

Questa scoperta pare abbia fatto breccia nell’atteggiamento di Rory in campo e il secondo posto conquistato ad Augusta ha confermato a tutti la bontà del ragionamento.

Messo dunque a posto lo swing dopo mesi infausti di pull-gancio dal tee e raddrizzata la mentalità di gara, a McIlory manca però ancora un tassello per essere pronto per quel titolo Major che gli scivola dalle mani dal lontano 2014. E ancora una volta l’ex numero 1 del mondo dovrebbe prendere esempio da Tiger: in sostanza, si tratta di essere capace di trasformare le giornate di golf cattivo in giornate di golf tutto sommato non così cattivo. E per farlo, guarda caso, serve pazienza. Serve calma. Serve saper abbracciare l’attesa. Per le giornate di golf buono, invece, Rory, si sa, non ha nulla da imparare.


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