La Solheim Cup 2013, disputata al Colorado Golf Club dal 16 al 18 agosto, è l’edizione del doppio record per il Team Europe: per la prima volta nella storia l’Europa vince in America, infliggendo alle avversarie il più ampio margine di scarto (18 Europa – 10 USA).
Queste le due squadre.
Team USA – Meg Mallon (capitana), Laura Diaz (vice-capitana), Dottie Pepper (vice-capitana), Paula Creamer, Christie Kerr, Jessica Korda, Brittany Lang, Stacy Lewis, Brittany Lincicome, Angela Stanford, Lexi Thompson, Morgan Pressel, Lizette Salas, Gerina Mendoza, Michelle Wie West.
Team Europe – Liselotte Neumann (capitana), Carin Koch (vice-capitana), Annika Sorenstam (vice-capitana), Carlota Ciganda, Caroline Masson, Catriona Matthew, Suzann Pettersen, Karine Icher, Azahara Munoz, Anna Nordqvist, Beatriz Recari, Caroline Hedwall, Charley Hull, Jody Ewart Shadoff. E la nostra Giulia Sergas.
Giulia come ci si sente a giocare per la Solheim Cup?
“Essere chiamata a far parte della Solheim Cup è il sogno di ogni golfista professionista, assieme alla vittoria di un major è la conquista più bella. Da un punto di vista professionale è la conferma di fare parte delle giocatrici d’élite, è anche grazie a questo che Diana Luna ed io siamo nella ‘Hall of Fame’ della PGA Italiana, cosa che mi riempie di orgoglio.
Ma dal punto di vista delle emozioni è molto molto di più. Quella della Solheim è una settimana assolutamente speciale: è speciale la preparazione, è speciale la prova campo, anche quella fatta mesi prima, a porte chiuse, è speciale indossare le divise, sentirsi parte di un gruppo, è speciale il tifo del pubblico”.
“L’approccio alla gara è totalmente diverso rispetto ai normali tornei.
Vedi, normalmente giochi in crescendo, più tranquillamente prima del taglio, poi sempre più intensamente fino al giro finale. Alla Solheim inizi e finisci ‘a bomba’: si gioca colpo per colpo, il golf è spettacolare, si gioca anche sulle emozioni della tua avversaria. Anche se sei stanca tiri fuori tutto, dall’inizio alla fine. Sei parte di una squadra, giochi, soffri ed esulti per la tua squadra.
Ricordo che mi uscirono dei colpi spettacolari: lunghi putt imbucati, uscite dal bunker ‘magiche’… sono cose che in quella situazione, con il tifo indiavolato del pubblico (sia a favore, che contro) ti esaltano. Ed è grazie a quelli che ho salvato il match. Tutto questo nonostante in quel periodo non fossi al mio top di forma: avevo giocato un grande golf per 10 mesi ad inizio stagione, ma in Colorado è venuto fuori il mio carattere, sono una combattiva e ne sono molto orgogliosa. E’ ‘facile’ giocare bene quando sei in forma, è molto più duro giocare un bel golf quando non sei al meglio.”.
“Ricordo il percorso, il Colorado Golf Club, bellissimo, alla prima occhiata pensai fosse lunghissimo. E’ situato a circa 2000 metri, l’aria rarefatta faceva volare molto le palline, i fairways correvano molto… eh, tiravamo certe bombe… i green poi, ultra veloci e con pendenze di ogni tipo. Alla buca 14, un par 4 in salita, un pensiero negativo attraversò la mia mente, la paura di non farcela.
Annika Sorenstam, che era la nostra vice capitana, se ne accorse immediatamente. Si avvicinò e mi disse: ‘Io ti conosco e tu ce la farai’. Annika non è una che parla molto, ma quando lo fa sa cogliere il momento e le parole giuste. In certi momenti è di gran supporto”.
Quando hai saputo di essere stata scelta dalla capitana Liselotte Neumann? Te l’aspettavi?
“Quando giochi e fai buoni risultati hai comunque la consapevolezza di essere tra le giocatrici ‘sotto osservazione’. Con Liselotte siamo amiche, mi informò di avermi scelta il giorno prima della comunicazione ufficiale, ricordo che eravamo a Saint Andrews al British Open. Ero tra le ‘papabili’ anche per l’edizione precedente della Solheim, quella del 2011 che si disputò a Killeen Castle in Irlanda: in questo caso la capitana Alison Nicholas mi chiamò per dirmi di non avermi scelta”.
Vuoi dire qualcosa ai nostri lettori?
“Sì, vorrei dire qualcosa in particolare alle ragazze e ragazzi impegnati nel golf: cercate sempre di imparare da chi le cose le ha vissute in prima persona. Una cosa è l’autostima, la consapevolezza del proprio bagaglio tecnico, ma mantenete sempre l’umiltà e la voglia di imparare dagli altri, dalle esperienze sul campo di chi ha più anni di voi”.
Giulia, grazie del tuo tempo, e grazie di aver portato il golf femminile italiano così in alto.
Articolo successivo: Diana Luna e la Solheim Cup 2009.