E’ lui o non è lui ? Certo che è lui!

E’ lui, eccome!

L’ho riconosciuto immediatamente.

Mi riferisco a Sir Nick Faldo. Tecnicamente mi aveva fatto impazzire. In tutti i sensi.

All’epoca non riuscivo a capire come un giocatore già così formato e così capace da essere chiamato a far parte della squadra europea di Ryder Cup (1977) potesse pensare di prendere una pausa dalle competizioni, dopo diverse vittorie, per cambiare il suo swing.

David Leadbetter, il maestro al quale si era affidato nella metà degli anni ’80 disse: “dietro uno swing bellissimo e dal grande ritmo nasconde diversi problemi”.

Di certo non quello di accettare dal guru inglese un’analisi precisa del proprio gesto, corredata da puntuali correzioni, in un periodo storico dove in pochi lavoravano su causa ed effetto.

Proprio quell’effetto che fu dirompente nel ritorno alle competizioni.

Faldo, tre anni dopo, nel 1987 vinse il suo primo major: L’Open Championship a Muirfield.

Seguirono altri 5 tornei major: Il Masters dell’89, del ’90 e del ’96 ed altri due Open, sempre nel ’90 e nel ’92.

Scrivevo di lui e di Severiano Ballesteros qualche anno fa.

Il giocatore di Santander era affascinante. La sua imprevedibilità era emozionante. Ha intrattenuto le folle durante la sua carriera diventando uno dei i giocatori più popolari di tutti i tempi.

Nick Faldo in confronto non aveva appeal, risultava antipatico, non si regalava al pubblico.

Un grande campione con una determinazione infinita. Ma non avrebbe mai potuto conquistare l’affetto del pubblico come il suo contemporaneo spagnolo. Faldo mancava dell’audacia e del coraggio di Seve. Seve divertiva di più.

Due carriere straordinarie

Seve vinse 50 titoli nel Tour Europeo; nessun giocatore fece meglio. Nella Ryder Cup vinse 20 dei suoi 37 match (54 per cento); Faldo ne vinse 23 su 46 (50 per cento).

Ma da giovane, se avessi voluto avvicinarmi tecnicamente ad uno swing, pensavo avrei fatto meno fatica ad ispirarmi a Faldo. Inoltre le prime videocassette VHS che iniziavano a soddisfare la mia sete di sapere erano quelle girate da David Leadbetter con Nick Faldo che faceva da allievo.

David, oltre che bravo con diversi giocatori del tour, era anche molto attento al lato della comunicazione e commercializzazione dei suoi prodotti, dei quali ero ovviamente un fruitore fedele.

I suoi “teaching aids”, ovvero quei dispositivi che aiutavano l’allievo a mantenere le sensazioni positive richieste dal maestro durante l’esecuzione del gesto tecnico andavano a ruba.

Negli anni ’90 era difficile entrare su un campo pratica senza vedere lo “Swing Link”, una fascia blu che aiutava il giocatore a mantenere la connessione fra braccia e corpo.

Era stata la naturale evoluzione dell’esercizio che David faceva fare al massiccio Nick con un asciugamano sotto entrambe le ascelle   (lo fece fare anche a me quando lo andai a trovare a Lake Nona).

Un’esercizio che alcuni anni dopo avrei dovuto tradurre ai fortunati spettatori intervenuti ad una speciale golf clinic tenuta dall’Inglese nel resort dove lavoravo come insegnante.

In quell’occasione fu simpatico, passammo tre giornate insieme, parlando di tutto al di fuori del lavoro. Addirittura una mattina si lanciò in una battuta del tipo: “benvenuti alla clinic di Nick & Nick”, vista la “confidenza” creatasi nella serate passate insieme.

Simpatia che venne decisamente meno quando un bimbetto di 7 anni venne chiamato dal  campione a tirare qualche colpo.

Per la cronaca, quel “bimbetto” era Matteo Manassero che, dopo una decina di colpi perfetti, venne subito congedato da Nick Faldo consapevole di aver perso l’esclusività dell’attenzione.

Effetto “Carramba che sorpresa!”

Ebbene poche settimane fa, mentre mi aggiravo nei pressi del tee della 1 del Marco Simone Golf & Country Club  durante la seconda giornata della sfida di Ryder, lo vedo.

Ovviamente gli ho dovuto ricordare la situazione, ma dopo pochi istanti si è lasciato andare in un bel sorriso dicendo: Mio Dio! Troppi anni fa!

Due parole insieme prima di goderci lo spettacolo.

 

Alla prossima Nick!


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