Il Royal Troon Golf Club, situato sulla costa ovest della Scozia, è uno dei campi da golf più prestigiosi e impegnativi al mondo. Con la sua storia leggendaria e il design intricato, questo campo ha messo alla prova i migliori golfisti del mondo per oltre un secolo, ed è parte della Rota dell’Open Championship dal 1923.
Fondato nel 1878, Troon iniziò come un modesto campo a cinque buche, progettato da George Strath, che in seguito divenne il primo professionista del club.
Nel corso degli anni, il campo è stato ampliato sotto la guida di diversi architetti. Willie Fernie, il campione dell’Open del 1883, lo estese a 18 buche nel 1888. Ulteriori modifiche furono apportate da James Braid e Alister MacKenzie negli anni ’20, che aggiunsero bunker strategici e perfezionarono i complessi dei green, realizzando la versione del campo che siamo abituati a conoscere.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il campo ha subito ulteriori piccole modifiche da parte di Frank Pennink e, più recentemente, Martin Ebert. Il lavoro di Ebert, in particolare, si è concentrato sull’allungamento del campo per mantenerlo al passo con gli avanzamenti tecnologici, allungando molte buche e riposizionando alcuni bunker, snaturando però il carattere del percorso in molte aree.
Cambiamenti Recenti
In preparazione per l’Open Championship del 2024, il Royal Troon ha subito ulteriori aggiornamenti. La modifica più importante è l’estensione della nona buca, che con i suoi 560 metri sarà il par 5 più lungo della storia dell’Open Championship. L’iconica ottava buca invece “Postage Stamp”, potrà essere accorciata ancora di più grazie all’estensione del battitore, e con i suoi 90 metri diventerà la buca più corta della storia del Torneo.
In generale il campo sarà più lungo di 174 metri rispetto all’edizione del 2016.
Le Sfide del Royal Troon
Il motto del Royal Troon, “Tam arte quam marte” ovvero “Tanto con l’abilità quanto con la forza” descrive abbastanza bene le caratteristiche del campo. Il percorso è relativamente lungo per i suoi 146 anni, e i green piccolissimi premiano scelte strategiche dal tee per aprirsi l’angolo di attacco migliore possibile.
Come per la maggior parte dei links, i green sono l’insidia principale di questo campo. Oltre ad essere piccolissimi e molto duri, sono quasi tutti molto stretti all’ingresso e più larghi verso la fine, con una classica forma “a fungo”.
Le prime sei buche di questo links corrono parallele alla costa, e sono tra le più facili del percorso; per i giocatori sarà importante guadagnare colpi in questo stretch prima di girarsi e addentrarsi nell’entroterra. Dalla 7 il terreno cambia completamente, diventando più movimentato e pieno di insidie.
La buca 8, “Postage Stamp”, è uno dei par 3 più famosi della Rota dell’Open Championship. Pur essendo lunga intorno ai 100 metri, il green rialzato e circondato da pot bunker è così piccolo da venir paragonato ad un francobollo, ovvero Postage Stamp.
La buca 11, nota come “Railway”, è un famigerato par 4 con il fuori limite che corre lungo il lato destro e folti cespugli di ginestra sulla sinistra; il tee shot è cieco e strettissimo, e solitamente è la buca più difficile del campo. Nel 1962 Jack Nicklaus qui fece un 10.
Le ultime buche sono considerate tra i finali più difficili nel golf; dalla 15 in poi, il par è sempre un ottimo score.
Il duello del 2016
L’ultima edizione dell’Open giocata a Troon è stata leggendaria.
Phil Mickelson e Henrik Stenson, due dei migliori giocatori del decennio, hanno giocato un golf stellare. Quando hanno raggiunto le seconde nove avevano sette colpi di vantaggio rispetto ai concorrenti più vicini, rendendo la competizione un vero e proprio Match-play.
Sulle seconde nove ci sono stati continui cambi di leadership. Stenson è passato in vantaggio con un birdie cruciale alla buca 14 e un incredibile putt da 15 metri per birdie alla buca 15, portando il suo vantaggio a due colpi.
Nonostante gli sforzi di Mickelson, incluso un eagle quasi centrato alla buca 16, Stenson ha fatto birdie alla buca 18 per assicurarsi la vittoria con un punteggio finale di 20 sotto par, il più basso nella storia dell’Open Championship, concludendo uno dei più grandi duelli nella storia del golf.