Il futuro dell’alleanza strategica tra PGA Tour e DP World Tour
Poco più di un anno fa abbiamo parlato dell’implementazione della cosiddetta “alleanza strategica” tra i due Tours mondiali più importanti.
Sarebbe quindi logico fare un primo bilancio per capire i frutti di tale collaborazione.
Ma proprio in questo momento accade che il PGA Tour, nel dare una violenta accelerazione alle sua attività tese a contrastare la LIV Golf, rischi di andare ad intaccare le basi stesse della collaborazione.
I contenuti della conferenza stampa che Jay Monahan, Commissioner del PGA Tour, ha tenuto prima del Tour Championship della FedExCup in corso all’East Lake Golf Club di Atlanta non possono non lasciare perplessi tanto i fans europei quanto i piani alti della sede del (fu) European Tour.
Monahan ha enfatizzato l’impegno preso dai top players del PGA Tour a partecipare al pacchetto dei 20 tornei premium (di cui solo 13 sono al momento chiaramente individuati) che rappresenteranno il fulcro della stagione 2022-2023.
Ha annunciato il potenziamento del Player Impact Program, che prevede anche alcune modifiche al suo funzionamento.
Il Commissioner ha anche comunicato l’introduzione di quello che potremmo definire un “minimo sindacale” a favore di ciascun membro del Tour, che riceverà un minimo di 500.000 $.
Ricordiamo anche che alla fine della stagione in corso, i primi 10 giocatori della Race to Dubai che non hanno ancora la carta per il PGA Tour la otterranno automaticamente per la stagione 2023.
Diciamolo chiaramente.
Il rischio di vedere il Tour europeo svuotato completamente di tutti i suoi top players é più che concreto.
Già oggi tutti i migliori giocatori del Vecchio Continente giocano stabilmente sul PGA Tour, basta pensare a Jon Rahm, Rory McIlroy, Viktor Hovland.
I benefici che il DP World Tour ha ottenuto fino ad oggi dall’alleanza strategica sono poca cosa di fronte alle nubi che si addensano all’orizzonte.
Per fermare il declino dello European Tour serve un segnale forte.
Arriverà?
