Il Pga Tour prenda esempio da Fitzpatrick

Dicono che spesso le domande siano più importanti delle risposte. E in effetti, a pensarci bene, sarebbe già un enorme passo in avanti se il Pga Tour iniziasse, non dico a trovare delle soluzioni, ma per lo meno a domandarsi come provare a reagire al dilagare sempre più marcato del gioco lento dei suoi campioni.

Sotto questo aspetto, le ultime due settimane dei tornei in America sono state, al netto delle emozioni regalateci dalle due vittorie europee al Masters e all’RBC Heritage, a dir poco strazianti. E come spesso succede, invece di trovare risposte adeguate alla lentezza in campo, l’attenzione si è spostata verso la ricerca di un unico colpevole: Patrick Cantlay. Il quale non sarà certamente un fulmine di guerra in campo, ma alla fine è solo uno dei tanti in gara che si approfittano del lassismo dei giudici per niente interessati a penalizzare le tartarughe del Pga Tour.

Ora: non vi è dubbio alcuno che  negli ultimi anni i tempi di gioco in America si siano dilatati come un pesce palla, ma è altrettanto vero che nello stesso periodo la difficoltà dei tracciati si sia raddoppiata se non triplicata, con l’aggiunta di centinaia di yard di lunghezza, con i green sempre più duri e mossi e con le posizioni delle aste al limite del giocabile. E tutte queste difficoltà in più, se da un lato non hanno fatto altro che aumentare lo spettacolo, dall’altro hanno fatto cestinare i cronometri.

Eppure, in questo scenario c’è un giocatore, Matt Fitzpatrick, che a ogni torneo a cui partecipa, ci dimostra che si può giocare velocemente senza per questo perdere in efficienza. Anzi.

Qual è il segreto dell’inglese? Semplice: gioca alla buona, vecchia maniera. Fateci caso, ma Fitz inizia la sua routine mentre i suoi avversari stanno giocando, così da essere perfettamente pronto a tirare quando è il suo turno. Al contrario, gli altri cominciano i loro ragionamenti e calcoli e studi e visualizzazioni e prove e chiacchiere solo quando è arrivato il loro momento di giocare. Mai prima. Il che a ogni colpo comporta un ritardo che neppure Naomi Campbell si è mai permessa in carriera.

Da questo punto di vista, dunque, ha perfettamente ragione una storica campionessa, Katy Witworth: l’americana, nel suo libro “Little Book of Golf Wisdom”, scriveva che i giocatori moderni sono diventati lenti, perché chiacchierano del più e del meno tra un colpo e l’altro invece di iniziare sin da subito, già mentre si spostano in fairway, a studiarsi il colpo successivo. E siccome in carriera la Witworth di titoli LPGA ne ha conquistati  88, mica pochi, forse bisognerebbe spiegare ai campioni del Tour che si può vincere e tirarne pochi anche giocando veloci.

Fitzpatrick (e Kathy) docunt.


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