Una storia di vita e di golf, la storia di Camille

Dicono che la vita sia non quello che vuoi, ma quello che sei: discorso interessante e soprattutto estremamente attuale in tempi in cui si discute ovunque e comunque di identità di genere e/o fluidità.

Ora, provate a chiedere a Camille Fallay Massonneau, 41 anni, ex proette francese del Ladies European Tour, oggi tornata tra i ranghi amateur con un handicap di +3, quale sia la sua identità e lei vi risponderà quasi certamente con un “i miei capelli”.

Perché voglio raccontarvi la storia di questa ragazza? Semplice, perché siamo tutti così abituati a studiare ogni minima mossa dei super grandi campioni, che perdiamo di vista l’essenziale. E L’essenziale è per definizione quello che realmente conta: nel caso del golf mondiale, le migliaia di vicende che stanno nascoste dietro al sipario dei grandi eventi; le migliaia di micro storie che creano la mega narrazione sulla quale si basa la punta dell’iceberg dei grandi giocatori.

In fondo, come Elsa Morante descrisse in maniera epica la Seconda Guerra Mondiale attraverso il racconto della semplice famiglia di Ida Ramundo del quartiere San Lorenzo a Roma, così a me oggi piacerebbe raccontarvi un briciolo di ciò che sta dietro alla grandeur dei tornei a cui assistiamo dal giovedì alla domenica di ogni settimana: la realtà è che non solo la vita di un pro o di una proette è molto più dura di quanto noi tutti possiamo immaginare, ma anche che di storie come quella che vi sto per narrare è pieno zeppo il mondo del golf e che sono tutte interessanti.

A sinistra, Camille Fallay Massonneau

Ordunque: Camille Fallay Massoneau è una bella ragazza francese che dipana la sua esistenza vicino a Parigi tra il LET, il LetAccess, la sua famiglia e i suoi due adorati bambini. Tutto va bene. Poi, però, scoppia la pandemia e tutte le sue certezze vanno in malora: prima si ammala di Covid, poi guarisce, nel mentre non ha più certezze circa la sua professione e teme per il futuro dei suoi figli. Il carico di ansia si gonfia di giorno in giorno, finché Camille inizia a perdere i capelli. Tutti i capelli. Fino all’ultimo. Stress, le dicono. La curano in tutti i modi; ma niente: la chioma non torna.

“In quel momento -mi racconta- ho perso la mia identità, non solo la mia capigliatura. Mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo, quella che vedevo non ero più io; andavo a fare la spesa e mi dicevano Monsieur, cosa desidera? Morale, non ero più una donna agli occhi degli altri e neppure ai miei. E in quel momento non avevo neppure più un lavoro perché la pandemia aveva bloccato il Tour. È stato orribile: non sapevo più chi e cosa ero”.

Passato un anno, i tornei del Let e del LetAccess a cui lei partecipava prima del Covid ricominciano, ma Camille non se la sente di aggiungere sulle sue spalle ulteriore pressione: “Avevo bisogno di una finestra di ossigeno attraverso cui respirare – mi spiega – e in quel momento ritornare sul circuito significava invece mettere ancora più stress sulle mie spalle”.

Quindi la decisione: tornare dilettante. Ora, se è vero che dal cambiamento e dal modo in cui siamo in grado di gestirlo dipenda la nostra felicità, allora è anche vero che Camille ha saputo trovare la strada verso una sua personalissima crescita.

“Avevo bisogno di un nuovo inizio da cui ripartire, di aria fresca. Di continuare a giocare a golf, ma in maniera più leggera rispetto a quella a cui ero abituata”.

E così settimana dopo settimana Camille inizia a iscriversi ai vari tornei nazionali amateur  francesi, cercando questo “new beginning” e una nuova motivazione sportiva che possa portare gioia al suo animo.

Per dire, di recente Camille ha giocato il campionato internazionale Mid-Amateur di Francia a Le Vaudreuil, in Normandia: 70-68-74 i suoi score in quest’occasione e un ottimo quarto posto conquistato.

“Oggi il mio obiettivo golfistico -aggiunge- è godermi questa finestra di ossigeno che ho spalancato davanti a me inventandomi questa nuova carriera tra le amateur e soprattutto tenermi in forma per entrare un giorno a far parte del team senior francese”.

Nel frattempo, ritrovato il golf, tra un torneo e l’altro i capelli hanno ricominciato a crescere, piano piano, ma in modo costante. E il sorriso è tornato a illuminare il suo volto.

In definitiva: Eraclito, il filosofo greco, sosteneva che noi non siamo il risultato di ciò che ci succede, ma del modo in cui reagiamo a ciò che ci accade; sono trascorsi quasi tremila anni, il mondo è cambiato, l’intelligenza artificiale fa sfracelli, la tecnologia la fa da padrone, ma in questo scenario da Matrix l’animo umano è pur sempre rimasto lo stesso. E dunque, nonostante tutto, tre millenni dopo Eraclito saper cavalcare il cambiamento è ancora l’unica arma che noi esseri umani abbiamo a disposizione per contrastare ciò che la vita ci pone dinnanzi. E a volte, lo so che può sembrare strano, ma il golf ci può aiutare: Camille docet.


Contenuti simili
Total
0
Share