Il film dello US Open di J.J.
J.J. Spaun ha scritto una delle pagine più romantiche e sorprendenti nella storia recente del golf. A 34 anni, l’americano non solo ha conquistato il suo primo Major, ma lo ha fatto con una prestazione che ha sfidato la logica, la USGA, il maltempo e il destino stesso.
Ecco perché il suo successo allo US Open 2025 è destinato a entrare nella leggenda.
Condizioni proibitive
Ormai è tradizione (una delle poche tradizioni che abolirei da domattina, anche se lo spero da anni, ma non è mai successo): quella volontà della USGA (United States Golf Association) di umiliare i giocatori partecipanti allo US Open.
La preparazione del percorso al limite della giocabilità e i ruling terrorizzanti, sono solo due fra i temi che periodicamente si ripetono per questo major che anche quest’anno non si è fatto mancare nulla.
Forse una cosa si: il divertimento.
Spaun è stato l’unico giocatore a chiudere con un punteggio sotto il par, domando il temibile percorso di Oakmont.
Sicuramente uno dei più severi campi al mondo, reso ancora più insidioso dalla pioggia battente, con un rough che unito alla scorrevolezza delle superfici nelle prime due giornate ha mietuto vittime illustri.
J.J. ha saputo mantenere lucidità e pazienza.
Quella che sembrava una domenica da incubo si è trasformata in una delle imprese più incredibili del PGA Tour.
Spaun ha chiuso le prime nove in 40 colpi, segnando cinque bogey nelle prime 6, sfortunato, tra rimbalzi assurdi contro rastrelli e aste delle bandiere.
Nessuno dal 2003 era riuscito a vincere un torneo del circuito partendo così male nell’ultima giornata.
Le condizioni impossibili e l’impresa sull’ultima buca
Sotto un diluvio incessante che ha portato Oakmont al limite della praticabilità, Spaun è arrivato alla 18 con la necessità di fare due putt da 20 metri su un green fradicio e pieno di pendenze.
Invece, con freddezza glaciale, ha centrato il colpo della vita: un putt perfetto, il più lungo della settimana, nel momento più delicato. L’esplosione del pubblico ha sancito l’inizio della leggenda.
Vicino al ritiro
Ma per comprendere appieno la portata di questa vittoria, bisogna tornare indietro di appena un anno. Nel 2024, Spaun era vicino a lasciare il golf professionistico. Una serie di risultati deludenti, complici problemi di salute e un inizio di stagione disastroso, lo avevano fatto scivolare in fondo alla classifica mondiale. Lui stesso lo ha ammesso al The Players Championship:
“Fisicamente stavo male, tra virus e influenze. Stavo pensando che forse fosse giunto il momento di smettere. Avevo già vinto, avevo una bella famiglia… non sarebbe stata la fine del mondo”.
Poi l’ispirazione venuta da un film
Il punto di svolta arriva guardando il film Wimbledon, che racconta la storia di un tennista in declino che, proprio quando pensa di mollare tutto, trova l’amore e la forza per vincere il torneo più prestigioso del mondo.
“Mi ha colpito. Mi sono detto: ‘Magari può succedere anche a me’. Quella storia mi ha ridato motivazione.”
Da quel momento, Spaun ha iniziato a risalire. Ha chiuso terzo al Sony Open, secondo al Cognizant Classic e ha perso solo in playoff al The Players contro Rory McIlroy.
Prima dello US Open, la sua unica vittoria nel PGA Tour era il Valero Texas Open nel 2022.
La vittoria allo US Open è il coronamento di un percorso emozionante, fatto di ostacoli, dubbi e rinascita.
“È una favola, un sogno diventato realtà. È come quei momenti che vedi solo nei film o nei grandi momenti del golf: il chip di Tiger, il putt di Nick Taylor al Canadian Open. Il chip in buca nel playoff vinto da Ryan Fox… Ora ho anche io il mio momento, e non lo dimenticherò mai.”
Il suo trionfo è il simbolo di un messaggio semplice ma potente: non arrendersi mai.
Bella J.J!