Putt tra tecnica e mente. Leggendo l’articolo di Giovanni Dassù (ti lascio il link, nel caso ti fosse scappato), mi sono accorta di quanta poca consapevolezza avessi del mio modo di puttare.
Eppure, chiunque abbia avuto modo di giocare con me o di sentirmi parlare, può dirti che mi definisco un buon puttatore. Come può essere? Sono andata a rileggermi uno dei libri che non dovrebbe mai mancare nella libreria di un golfista appassionato: “Il gioco interiore del Golf” di Timothy Gallwey.
Nel caso tu non l’avessi a disposizione, riporto un breve estratto, tratto dal punto in cui Tim racconta di aver incontrato un giocatore professionista che, dopo avergli fatto i complimenti per il libro, ha espresso il suo dubbio circa la valenza del metodo in quest’area del gioco, in quanto, a suo parere,
La tecnica è troppo importante nel putt perché il Gioco Interiore lo possa influenzare.
A questo punto Tim (e me lo immagino con il suo sguardo tra il divertito e il curioso) gli chiede a che età risalivano i suoi putt migliori.
Il golfista risponde, raccontando anche una serie di aneddoti, che il momento in cui giocava meglio sul green era all’età di 15 anni, ma
Non contano (ndr i putt) perché all’epoca non sapevo quanto fosse importante la tecnica.
Il mio pensiero torna alla mia tecnica di putt, e alla sicurezza che mostro quando mi racconto come puttatore.
Rileggendo questo paragrafo del libro di Gallwey penso che questa mia fede forse stia nel fatto che, non avendo una grande tecnica ho scelto di affidarmi alla sensibilità, lasciando più spazio al mio Self 2 e limitando al minimo le interferenze.
Ma poco interessano le mie performance sul green, mentre vorrei aiutarti a integrare la tua tecnica, che sicuramente hai e sulla quale lavori con il tuo maestro, con la sensibilità.
Ti propongo alcuni drills, che potrai gestire in allenamento o anche in fase di riscaldamento pre gara.
- Sulla controllo della distanza: avendo noto che la lunghezza del backswing e del follow-through devono essere quasi le stesse, emetti un suono con la voce (puoi utilizzare 1 – 2) per capire se effettivamente sono uguali, o se uno dei due è differente (più corto, più lungo, meno fluido). Lo scopo è di lasciare che il tuo subconscio impari ad associare la lunghezza del suono alla distanza percorsa dalla palla.
- Sulla percezione della distanza: prova a fare qualche putt ad occhi chiusi, e guarda la palla solo quando pensi che si sia fermata; nel frattempo puoi contare nella tua mente per aumentare la percezione della velocità di rotolo della palla. Anche in questo caso l’obiettivo è di dare la possibilità al tuo Self 2 di imparare dall’esperienza.
- Sulla direzione della palla: sempre ad occhi chiusi, scegli un obiettivo, può essere un’altra pallina o la buca, e cerca di capire se la tua palla è andata dritta verso l’obiettivo, oppure se è andata a destra o a sinistra. Lo scopo è affinare al massimo i tuoi sensi e, ad esempio, riconoscere il diverso suono riprodotto da un colpo interno o da uno esterno, sentire il punto del corpo in cui si riproducono le leggere vibrazioni del putt nel momento in cui colpisci la palla.
Certo, applicare su se stessi le tecniche dell’Inner Game® è tutt’altro che facile, ma con un po’ di pratica potresti trovare il tuo modo per trarne il maggior vantaggio e limitare al minimo le interferenze che bloccano la massima espressione della tua tecnica.