L’Italia è una Repubblica fondata sul golf.
“Eresia!”, urlerà il volgo; forse perché un po’ lo è. Finiti i festeggiamenti, devono iniziare le considerazioni: ad oggi le iniziative pubbliche del golf italiano non sono abbastanza e in questo articolo ci domanderemo il perché. Proveremo a salutare un Paese che non considera il golf come una “cosa pubblica” e lo vedremo diventare una res (cosa, dal latino) publica del golf.
Il discorso è complesso ma non alzerò bandiera bianca (verde o rossa) fino alla fine. Non fatelo nemmeno voi, cari lettori (anche perché per ultime questioni covid le aste non si possono ancora togliere!)
Ma lasciamo stare i vessilli e gli stendardi e….
Partiamo dalle origini del golf, e del nostro Paese.
La Repubblica Italiana nasce nel 1946 dopo quel famoso referendum postbellico in cui si sceglierà la forma del nuovo governo, momento in cui il “regno” dei Savoia passerà il testimone al popolo italiano: una scelta abbastanza giovane che ha appena compiuto 75 anni e che, al tempo, è stata vissuta in maniera controversa…al tempo, sia chiaro.
Il golf, d’altro canto, nascerà circa nel 1400 (diatribe a parte). Anche qui ci saranno alti e bassi e per alcuni anni verrà addirittura bandito, come in Scozia: in quanto sport talmente praticato da dover essere limitato con un atto ufficiale dal Parlamento scozzese, nel 1457.
Si pensava, infatti, che “i giovini” si distraessero troppo con il golf dalle vere responsabilità, come il tiro con l’arco; formazione e responsabilità necessarie per le esigenze di allora.
Ma i tempi sono cambiati, come la nostra Repubblica fondata sul lavoro.
Ora la caccia non è altro che sport, mentre molti altri lavori e idee hanno una rilevanza inversa, complici le tecnologie, la società, il benessere dato dall’economia e dalla cultura.
Siamo fortunati, cari lettori e sportivi!
Il mondo di oggi ci permette, infatti, una maggiore attenzione anche al ruolo della bellezza, dello sport e del divertimento (o entertainment): finita la responsabilità del lavoro, inizia la responsabilità della soddisfazione personale, quella privata.
Ma, se non aveste notato, i giovani iniziano a fondere sempre più la responsabilità del lavoro con il soddisfacimento delle proprie passioni: lavorare e basta, non basta più.
Il mondo di oggi ha già riconosciuto la validità, economica, ambientale, culturale e sociale del ruolo del golf (e degli sport in generale).
Manca ancora un piccolo tassello, sempre più caro alle nuove generazioni: il riconoscimento dell’iniziativa privata per la res publica; i giovani vogliono contribuire sempre più allo sviluppo del collettivo. Questi non si lamentano della “poca” diffusione del golf nel nostro Paese ma si fanno domande:
- come si sostenta il golf economicamente? E come posso sostenerlo?
- Se un “forestiero” entrasse nel NOSTRO circolo lo dovrei cacciare (senza archi e frecce, vi prego)? O accoglierlo con ospitalità?
- Perché non cambia lo stato delle cose? Forse dobbiamo cambiarle noi?
Altri temi e domande, poi, si sovrappongono: come la riqualificazione di aree urbane ed extra urbane degradate in aree verdi, la salvaguardia dell’ambiente e la responsabilità della formazione dei più piccoli; il tutto attraverso i valori e principi di uno sport che ha più vita della nostra stessa idea di Paese…
L’ Italia, non solo del golf, è un conglomerato meraviglioso e complesso e con qualche conflitto interno da superare; ma pensando al futuro la direzione è ormai chiara.
Tanti sforzi si stanno già realizzando grazie alle persone che si prodigano quotidianamente per portare avanti questo regno: Federazioni e circoli, associazioni, architetti, ristoratori, enti per il turismo e molti altri operatori che credono nel “golf pubblico”.
Molto c’è da fare ancora ma, ora, dobbiamo ringraziare davvero il passato e lasciare spazio ai giovani.
Li ringraziamo quindi qui, entrambi: in una nazionale (e personale) celebrazione della Res publica, del golf!