Il PGA Tour e i “ribelli”

Il PGA Tour e i “ribelli”.

Non si può certo dire che Jay Monahan, Commissioner del PGA Tour, abbia trascorso fino ad oggi un 2021 tranquillo.

L’anno che ha segnato il ritorno del golf professionistico alla normalità ante pandemia lo ha visto impegnato da un lato nella formalizzazione di operazioni che hanno consolidato la posizione del PGA Tour, dall’altro la nascita delle Leagues rivali.

Abbiamo già avuto modo di parlare sia della Premier Golf League (base operativa nel Regno Unito) che della Saudi Golf League (quest’ultima lanciata e sostenuta dall’Arabia Saudita).

I promotori dei due circuiti hanno, sin da subito, cercato di attirare a sé i top players con montepremi milionari.

La risposta di alcuni, come Rory McIlroy e Jon Rahm, é stata sin da subito quella di un netto rifiuto a tali avances.

Altri giocatori appartenenti all’elité del golf sembrano stare ancora alla finestra, non avendo preso una posizione chiara in merito.

Alcuni hanno chiesto l’autorizzazione per partecipare al Saudi International, ricco torneo che si terrà a Febbraio dell’anno prossimo a Jeddah.

Questa situazione si é creata a seguito della rigida ed immediata presa di posizione in merito da parte del PGA Tour.

Jay Monahan ha minacciato i giocatori che decidessero di aderire ad uno dei circuiti rivali di essere sanzionati dal PGA Tour.

Le sanzioni vanno dalla semplice multa alla sospensione dal Tour.

A questo punto la domanda sorge spontanea: su quale base legale si fonderebbero tali sanzioni?

Ora, non voglio tediarvi con un’analisi del diritto statunitense, per cui sarò sintetico.

Il PGA Tour, in passato, è stato più volte al centro dell’attenzione proprio per problematiche simili.

Nei primi anni ’90, la Federal Trade Commission mise sotto attento esame due norme del Tour.

La prima prevedeva che i giocatori dovessero chiedere l’autorizzazione per partecipare ad eventi non gestiti dal Tour.

La seconda norma invece, prevedeva la stessa richiesta per la partecipazione a programmi televisivi riguardanti il golf.

E’ evidente la similitudine con la norma attuale.

Allora, la FTC concluse la sua inchiesta raccomandando un’azione a livello federale contro il PGA Tour, dato che le due suddette norme violavano la normativa antitrust.

Si concluse tutto in un nulla di fatto, in virtù di una fortissima azione di lobbying a livello politico portata avanti dal Tour, sotto la guida dell’allora Commissioner Tim Finchem.

Ora la situazione non é diversa.

Se il PGA Tour perseguirà i “ribelli” si esporrà al rischio di un’azione legale, singola o collettiva, basata sulla normativa antitrust, da parte dei giocatori.

Nel caso fosse necessario, Jim Monahan andrà fino in fondo?

Personalmente spero di no.

Sono un romantico, preferisco vedere il golf giocato su di un bel percorso, piuttosto che nelle aule di un Tribunale.

 


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