Scottie Scheffler, un numero 1 sciapo

Sportivamente parlando, che cos’è che sancisce l’avvento di un nuovo numero uno del mondo? La matematica, certamente. In tutti i world ranking sportivi, si sale e si scende in classifica in base a complicati calcoli aritmetici capaci di valutare in maniera asettica i risultati dei campioni di torneo in torneo.

Ok, benissimo.

Ma, esattamente, cos’è che fa di un numero 1 del world ranking anche il numero 1 del cuore dei tifosi?

Me lo chiedo e ve lo chiedo all’alba dell’ascesa al trono mondiale del golf di Scottie Scheffler, il giovane campione americano che solo 45 giorni fa non aveva ancora vinto un torneo del Pga Tour e che lunedì, vincendo il terzo titolo in cinque settimane, è diventato il re del mondo del green.

Per dire: dal primo successo sul Pga Tour, due mostri sacri come Tiger Woods e David Duval avevano impiegato rispettivamente 252 e 532 giorni per ottenere l’incoronazione del World Ranking; Scheffler ha dovuto attendere solo 42 albe.

Ora, si direbbe che il ragazzo sia più veloce di Flash Gordon non solo nello swing, ma al contempo vale la pena tornare alla domanda di apertura: cos’è che rende un numero 1 mondiale, il numero 1 del cuore dei tifosi?

La prima risposta che mi viene in mente è il carisma: avete presente quello scintillio negli occhi di Tiger, Seve o Greg Norman? Ecco, quella roba lì.

E poi non va sottovalutata l’eleganza del gesto tecnico: pensate agli swing poetici di Rory, di Ernie Els, o di Justin Thomas. Chiaro, no?

E ancora: avete mai sentito parlare di storytelling? È una tecnica di comunicazione nata in campo pubblicitario per convincere il pubblico ad acquistare un determinato prodotto. E che cos’è oggi un campionissimo se non anche un prodotto/brand da far amare e da piazzare? Bene, ogni numero 1 che si rispetti ha alle spalle un personalissimo storytelling che lo fa amare dalle masse. Un esempio? La storia del riscatto sociale di McIlroy e Ballesteros. Le feste di DJ. La dedizione verso la sorellina da parte di Jordan Spieth. La ricerca ossessiva della perfezione tecnica di Nick Faldo. La gamba destra troppo debole di Rahm. Eccetera, eccetera.

Dunque: pur riconoscendo a Scheffler un talento infinito, una forza mentale mostruosa e una pacatezza invidiabile, purtroppo però di tutte le qualità che ho elencato prima, per ora, non vedo traccia nella biografia dell’americano. Sarà che Scottie è stato troppo veloce nella sua ascesa, sarà quella faccia da bravissimo ragazzo che piace alle mamme, sarà lo swing da tanguero, insomma sarà quel che sarà, ma a oggi Scheffler mi pare non incanti le masse, ma piuttosto le anestetizzi manco fosse un documentario della Lux Vide.

La verità è che le persone trovano poche cose più avvincenti di una favola sul superamento delle probabilità e sul raggiungimento del successo autoprodotto. Tutti amiamo le storie di lotta e di redenzione di un estraneo, perché tutti pensiamo di esserlo e perchè tutti troviamo ispirazione in quella fatica e in quel lieto fine. E invece la biografia di Scheffler ci racconta pacatamente di un bravo ragazzo, che in men che non si dica, più veloce della luce e senza intoppi, ce l’ha fatta immediatamente: non c’è thrilling, non c’è suspence, non c’è brivido. In poche parole, nonostante la mostruosa quantità di talento di cui Scottie è in possesso, siamo di fronte a un numero 1 sciapo. E si sa, è sempre quel pizzico di sale in più a fare la differenza.


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