Il richiamo della natura alla World Cup del 1991

Era il 1991. Un anno che “trasudava” di grande golf. 

  • Potrei parlarvi per esempio della Ryder Cup, quella soprannominata ”The War by the Shore”, proprio sull’Ocean Course a Kiawah Island, uno dei percorsi più scenografici del mondo.
  • Farvi entrare nella finale di uno dei tornei di cui ho più nostalgia: il Word Matchplay Championship a Wentworth, dove si sfidarono Severiano Ballesteros e Nick Price sfoderando un gioco di rara bellezza.
  • Ricordare la vittoria di Payne Stewart allo Us Open di Hazeltine o il clamore suscitato da un giovane biondo chiamato John Daly che, esordiente sul PGA tour, vinse il PGA Championship di quell’anno sul difficilissimo Crooked Stick.

Ma preferisco tornare in Italia, dove sul percorso “Le Querce” di Sutri, in provincia di Viterbo, il neo campione Masters, Ian Woosnam, dopo aver vestito la giacca verde del Masters, rappresentò il “suo” Galles con Phillip Price nella World Cup of Golf. 

La 37ma edizione della Coppa del Mondo dal 31 ottobre al 3 novembre manteneva il format del torneo a squadre.

Erano 32, formate da due giocatori. La vittoria sarebbe andata alla coppia con la migliore somma degli score dopo 72 buche di gara.

Non potevo non andare (vivevo a Roma all’epoca), ma da pochi giorni avevo contratto una antipaticissima forma di labirintite.

Chiesi quindi ad un mio cugino di accompagnarmi per evitare incidenti stradali o ancora peggio cadute accidentali in qualche ostacolo del percorso…

Nonostante l’equilibrio estremamente precario, stavo seguendo proprio “Woosie”, il piccolo gallese, quando lo vidi (fortunatamente la labirintite non dava allucinazioni) alla buca quindici raccogliere velocemente la palla senza marcarla!

Era stato più forte il “richiamo della natura” che il rispetto della regola. 

Il prezzo fu un colpo di penalità al vincitore del Masters, ma ovviamente anche per la sua squadra . 

Woosnam avrebbe “liberato” quindi i suoi bisogni fisiologici sottolineandoli con coloriti termini in madre lingua consapevole dell’eventuale “costo” finale.

La classifica individuale rimase a lui, ma il colpo perso fu proprio la differenza che fece vincere la Svezia, quell’anno già vincitrice della Dunhill Cup, di Anders Forsbrand e Per-Ulrik Johansson.

Ogni volta che, dal 1991 in poi,  sono ripassato dalla 15 di quel percorso, ora Golf Nazionale, ho marcato la palla con un pizzico di attenzione in più.


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