Justin Rose, una sfida lunga una vita per un Signore del golf

Nelle ultime sei gare Justin Rose ha dovuto rinunciare al week end.

Quattro tagli mancati negli ultimi sei tornei disputati. 

Mi piacerebbe sapere il perché, ma la cosa mi preoccupa relativamente conoscendo bene i trascorsi del campione d’oltremanica.

Sono prima di tutto suo “tifoso” come persona, per tutta l’umiltà e la disponibilità ad aiutare il prossimo insieme alla moglie Kate http://kjrosefoundation.org/,  poi da giocatore, da quando nel 1998 al Royal Birkdale vinse la Silver Medal all’Open Championship come miglior dilettante. (Manassero la conquistò a Turnberry nel 2009).

Quella performance eccezionale a soli 17 anni fece esclamare in premiazione al segretario dell’R&A dell’epoca, Michael Bonallack: “la risposta inglese a Tiger Woods!”.

Che fosse la pressione dell’aspettativa, o un solo un caso, o la poca maturità, Rose ha dovuto lottare non poco dopo quel momento eroico.

Nei suoi primi 21 tornei da professionista, molti dei quali su invito, ha  sempre mancato il taglio di metà gara, tanto che i più invidiosi gli affibbiarono l’appellativo di “Just invited” giocando sul suo nome. 

Un anno dopo, ha guadagnato la sua prima carta Tour europeo dopo aver terminato 4 º alla scuola di qualificazione.

Tuttavia, nel 2000 non è riuscito a mantenerla e ha dovuto rigiocare nel torneo della qualifying school dove ha chiuso in nona posizione.

Nella sua vita privata, nel frattempo, stava accadendo qualcosa di irreparabile. 

A seguito di una leucemia, nel 2002 il padre Ken moriva all’età di soli 57 anni.

Justin non solo aveva perso suo padre, ma anche un maestro, così come un caddy.

Ken Rose lo aveva infatti seguito nei suoi primi anni ed era riuscito ad  accompagnarlo nei primi due giri dell’Open di Muirfield, pur avendo pochi mesi di vita.

Justin Rose ha dedicato così la sua prima vittoria in carriera all’ Alfred Dunhill Championship a suo padre, che stava facendo la chemioterapia:”Mio padre non sta molto bene ed è la persona a cui devo di più”.

Poi ha aggiunto:”Ha investito molto tempo, molte ore nel mio gioco. Questa vittoria è per lui più di chiunque altro.”

Al termine dello Us Open da lui vinto nel 2013 a Merion, mi ha tolto il fiato vederlo guardare verso il cielo dopo aver imbucato il suo ultimo putt. 

Ora è dal febbraio 2019 che non riesce a vincere.

Tornei mancati che hanno visto uscire l’ex numero uno al mondo, per la prima volta in dieci anni, fuori dai primi 50 posti dell’ordine di merito mondiale.  

In una delle ultime interviste Justin ha dichiarato :“Quello a cui sono andato incontro è una sorta di reset. Ho 41 anni, il tempo stringe e non c’è un’eternità per raggiungere certi obiettivi”.

“Sto lavorando sodo e mi sento molto motivato. La sfida non è solo sul campo, ma soprattutto nel processo che si affronta per ottenere certi obiettivi”.

Quest’anno un segnale di ripresa sembra essersi concretizzato sul campo con il 13mo posto parimerito, nell’ultimo PGA Championship a Southern Hills, dove Rose non può scordare un bellissimo gesto di stima e affetto da parte di un suo collega nella precedente edizione del 2007. 

“Mi ricordo di aver indossato calzini neri molto spessi in quel caldo torrido di Agosto e di essermi lamentato di quanto fossero bollenti i miei piedi.

Il giorno dopo Rory Sabbatini, vicino d’armadietto, mi fece trovare 12 paia di calzini sottili e bianchi davvero belli, ha ricordato Rose.

Chissà se la prossima settimana al Muirfield Village tornerà al cospetto del vecchio Nicklaus con il migliore score di tutti…


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