Il golf e la mezza luna di Stefano Palmieri

Il golf e la mezza luna di Stefano Palmieri. “Pronto, ciao sono Roberta.” Dall’altra parte del telefono una voce amichevole mi saluta con calore “Ciao Roby! Posso chiamarti Roby vero? Sai io sono toscano”. Inizia così la mia chiacchierata con Stefano, campione di blind golf.

Primo ed unico vincitore nel 2015 del Japan Open Blind, ha iniziato a giocare a golf da non vedente e ha dovuto costruire il suo swing cercando di riprodurre sensazioni a lui già note, “come ad esempio fare una mezza luna o chiudere un cassetto.”

Il richiamo di sensazioni note, agevola la mente e permette al corpo di muoversi notando le differenze. Quando in campo pratica ti chiedo di fare uno swing ad occhi chiusi, l’obiettivo non è colpire la palla più forte possibile, ma sentire il tuo corpo, notare cosa accade in ogni momento dello swing, per imparare a riconoscere le differenti sensazioni dovute al diverso modo in cui muovi il bastone.

La cosa più facile è stata iniziare, la più difficile continuare.

Parliamo di golf, di come affronta il campo. Tra le cose che sta cambiando oggi, c’è la sensibilità sul lie della palla (la posizione della palla). Fino a poche settimane fa questo dettaglio lo aveva completamente affidato alla sua guida.

Vuole essere “un golfista non vedente, e non un non vedente che gioca a golf”.

L’uso delle parole è sensazionale. Riesce a trasmettermi concetti complessi come solo chi li ha fatti propri può rendere così semplici. L’obiettivo mentale di questa stagione è quindi di assumersi sempre maggiore responsabilità nel gioco, cercando di affidare il meno possibile alla guida, riuscendo a dargli sempre più i connotati del caddy.

Responsabilità, significa aumentare la propria consapevolezza, mettersi in discussione e accettare gli errori, imparando qualcosa di nuovo ogni volta, raggiungendo il massimo livello di controllo del gioco.

Ci avviciniamo al green, e qui emerge la grande sensibilità di chi sta lavorando sulle sensazioni. 

Nel gioco lungo fare 10 metri in più o in meno, non cambia molto, mentre fare un metro in più nell’approccio, o sbagliare un putt di 50 centimetri, fa tutta la differenza del mondo.

Come non essere d’accordo e, soprattutto, come non notare quanto Stefano pretenda da se stesso. L’atteggiamento mentale di chi sfida i propri limiti per migliorarsi continuamente, emerge quando si esce dalla propria zona di comfort e si affrontano le difficoltà senza paura di fallire, senza accontentarsi di ciò che si è raggiunto, ma spingendosi oltre.

Migliori facendo ciò che non sai fare, imparando nuove abilità.

Sul green la percezione del corpo è altissima. Cammina dalla palla verso la bandiera, e ritorno, impugnando il putt come una sbarra. Dall’altro lato del putt c’è il suo caddy. Contano i passi e parlano della pendenza del green. Qui la sua aumentata sensibilità riesce a percepire anche piccole variazioni che possono sfuggire alla vista. 

Si affida al rumore della palla per capire in quale direzione è andata, anche se “in gara non è importante sapere chi ha sbagliato. Serve solamente cercare di recuperare e di fare il minor numero di colpi possibile.”

Mentre parla mi accorgo di quanto sarebbe utile che questo concetto fosse fatto proprio da chiunque affronti una gara di golf o qualunque altra competizioni sportiva.

Restare nel momento presente, lasciare andare il passato rimanendo focalizzati sull’obiettivo.

Entrato a far parte della Nazionale Italiana Paralimpica, per mantenere la sua posizione deve fare almeno 4 gare del circuito EDGA, circuito europeo dedicato, nel quale ha disputato lo scorso anno la sua prima gara. E’ un’ulteriore sfida, avendo fino ad ora giocato e vinto solo nel circuito “Blind”.

Nel 2022 ho deciso di dare tutto quello che posso dare. Sull’allenamento, sulla professionalità, sull’aspetto mentale, fisico, tecnico. Voglio riuscire ad arrivare ad avere la massima esplosione del mio golf. Sono concentratissimo sull’obiettivo. Mi sto allenando forte, con una professionalità che tanti professionisti non hanno.

Perde la vista a seguito di un incidente, e da quel momento inizia la sua seconda vita, una vita che lui definisce straordinaria. E’ riuscito a trasformare la sua disabilità in un punto di forza, accettando e crescendo insieme al buio che lo circonda.

Quando ti fermi ad uno status dettato dal tuo handicap mentale (siccome sono un non vedente più di questo non posso fare) allora è finita. Io non arriverò mai alla fine del percorso. Avrò sempre la voglia di un miglioramento. Se non la cerco più vuol dire aver accettato la mia situazione nella vita. Non fermarsi mai. Nemmeno quando l’input viene dato da una disabilità. Mai fermarsi.

Invece di combattere le difficoltà che incontri nella vita, impara a vedere come puoi sfruttarle a tuo favore, cosa puoi imparare, come puoi superarle o aggirarle.

Non esistono limiti se non quelli che ti autodetermini.

Fino ad oggi vincere era il suo modo di mandare un messaggio, di comunicare al mondo che non ci sono limiti se non quelli che ti autodetermini. Stefano è consapevole di avere molta visibilità, per il solo fatto di essere un non vedente che gioca a golf. Ma non è questo il messaggio che vuole dare. Vuole meritarsi quel posto nella nazionale, quella visibilità.

Ci salutiamo, con la promessa di incontrarci il prima possibile su un campo d golf, anche perché chi lavora con me sa che adoro il gioco ad occhi chiusi, proprio perché aumenta la capacità di sentire il proprio corpo.

Stefano mi ha insegnato tantissimo in questi pochi minuti al telefono. Sono certa che sul campo imparerò qualcosa di straordinario.

 


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