L’abito non fa il monaco. O forse sì.

L’abito non fa il monaco. O forse sì.  Ti ho già raccontato dell’importanza del body language nell’articolo dedicato al Masters (ti lascio il link). In particolare era stato evidente, in quella specifica occasione, il differente atteggiamento di Rory nelle diverse giornate di gara.

Oggi ti voglio parlare di quello che gli americani, semplificando, spiegano con il detto

Fake it, until you make it.

Parliamo di cognizione incarnata – o embodied cognition – un ramo della ricerca scientifica che studia come la correlazione tra corpo e mente impatta sulla cognizione.

Pensa a come il tuo corpo reagisce quando incontri inaspettatamente la ragazza che volevi invitare a mangiare una pizza: sul tuo volto appare un sorriso imbarazzato, i battiti cardiaci accelerano, provocando un aumento della sudorazione e il classico rossore alle guance. Adesso pensa al momento in cui sei stato premiato ed è stato chiamato il tuo nome per consegnarti il meritato premi: la tua postura è diventata fiera, spalle perte, testa alta e un sorriso di gioia misto ad orgoglio è comparso sul tuo volto radioso.

Facciamo un passo avanti. L’abito non fa il monaco, ti hanno sempre ripetuto tutti, dai genitori agli insegnanti. Ma forse non è del tutto vero. 

Infatti, tutti gli agenti esterni influenzano in qualche maniera i nostri processi cognitivi e decisionali, che sono quindi condizionati dal modo in cui plasmiamo il nostro corpo.

La buona notizia è che hai la scienza dalla tua parte per raggiungere i tuoi obiettivi in modo più strutturato. La cattiva notizia è che comunque per ottenere dei risultati è necessario agire.

Torniamo al monaco, anzi all’abito. Perché è così importante il modo in cui appari? Prova a pensare: il primo impatto che hai con una persona che incontri per la prima volta è visivo.

Vedi il modo in cui è vestito, si muove, parla e gesticola, e tutto questo fa in modo che tu ti crei una tua prima idea di questa persona. Non dirmi che se ti si presenta un uomo con un camice bianco il tuo primo pensiero non è “sarà un medico”. E non negare che quando hai incontrato una persona vestita in modo trasandato non hai pensato che fosse sciatta, e certamente non te la sei figurata come un avvocato di grido. 

Quindi l’abito fa il monaco eccome! E questo non vale solo verso gli altri, ma anche e soprattutto verso se stessi. Il tuo modo di atteggiarti, di vestirti, di muoverti e di parlare, può avere un’enorme influenza su ciò che vuoi diventare. 

Come puoi sfruttare al meglio questo potere della tua mente?

Prima cosa prenditi del tempo per capire esattamente chi vuoi essere ed immaginare tutto del tuo futuro “te stesso”: dai vestiti, al taglio di capelli, al modo di camminare, gesticolare e parlare.

Investi qualche euro nell’acquisto di ciò che ti manca per essere quella persona; può trattarsi di una sacca da golf o di una nuova polo, o qualunque altra cosa che tu ritieni importante per diventare il tuo nuove “te stesso”.

Smetti di utilizzare i verbi al condizionale (vorrei, mi piacerebbe, se potessi) e parla al presente (io posso vincere questa gara).

Adesso registrati, fatti un video, delle foto e guardale ogni volta che puoi. Metti una foto come sfondo nel telefono. Guardala più volte possibile.

Cosa accadrà? Succederà che inizierai ad agire come se fossi già quella persona. Quindi non c’è nulla di magico, ma come sempre si tratta solo ed unicamente di azioni, che sono alla base di qualsiasi risultato tu voglia ottenere.

Sei come pensi di essere – James Allen


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