Qual’è lo scopo del golf: imbucare o tirare lungo? Ti voglio parlare di una cosa importante. Ci sono fior fior di giocatori che sul PGA Tour stanno giocando a chi “driva” più lungo. Sembra quasi che questo renda più “macho” il tizio in questione. E che dire degli amateur, che in campo pratica si dedicano a sfide continue con se stessi o con amici, a chi la tira più lontana, facendo uno sforzo simile a quello di un body builder.
A questo punto parrebbe proprio che lo scopo del gioco non sia più imbucare, ma “darsi metri”.
Per un approccio tecnico e per le statistiche sul putt del PGA Tour ti rimando a questo articolo di Isabella Calogero, dove, numeri alla mano, ti mostra come tra i professionisti le percentuali di putt imbucati siano in calo e ti spiega, anche parlando con Matteo Delpodio, coach della nazionale professionisti, quali siano i possibili motivi di questa particolarità, non ultimo l’aumentata velocità dei green sul Tour americano.
Torniamo però nel mondo degli “umani” che giocano su campi ben tenuti ma con una velocità dei green assolutamente gestibile, e che spesso sprecano parecchi colpi proprio sul green, facendo un putt più del necessario. Peraltro, come puoi vedere nel video, capita anche ai migliori.
Credo che, nonostante tutto, tu sia d’accordo con me che lo scopo del gioco è imbucare. Ti propongo un punto di vista differente, e una pratica che potrebbe risultare curiosa per chi non ha mai approcciato l’Inner Game® (se ti sei perso il mio articolo sul tema, lo trovi qui).
Partiamo dal presupposto che su tutti i fronti, in tutti gli ambiti della nostra vita, le “macchine” che ci dovrebbero venire in aiuto prendono spunto dalla nostra intelligenza, dalle nostre capacità e cercano in qualche modo di ricopiare al meglio i nostri processi mentali. Non a caso si parla sempre più spesso di intelligenza artificiale in moltissimi ambiti della vita quotidiana.
Resta il fatto che, la nostra intelligenza ci consente una versatilità e una elasticità che ad oggi nessun computer è riuscito a sostituire completamente.
Sono assolutamente d’accordo con Tim Gallwey quando dice che abbiamo un computer da milioni di dollari e spesso non ne facciamo il miglior uso, ma anzi, lo releghiamo a compiti assolutamente non stimolanti rispetto alle sue capacità.
Ti riporto indietro negli anni, quando il telefono aveva la rotella (beh, se sei molto giovane chiedi a mamma e papà) e chiamavi gli amici senza dover consultare il numero di telefono sulla rubrica telefonica perché, dopo pochissime volte, rimaneva impresso nella tua memoria. Forse molti numeri li ricordi ancora oggi. Ma ti sfido a dirmi il numero di telefono del caro amico che chiami più volte alla settimana dal tuo cellulare.
Hai delegato ad uno smartphone la tua memoria, con ripercussioni che vanno ben oltre il numero di telefono in questione.
Lo stesso dicasi per l’abilità di orientarsi in una città nuova senza utilizzare “google Maps”. Certo sono tutti strumenti che ci agevolano e soprattutto velocizzano moltissime operazioni quotidiane, ma che in qualche modo hanno un prezzo da pagare ben più alto degli euro investiti nell’acquisto.
Ti starai chiedendo “E questo cosa a che fare con il putt?”. Ti spiego subito con un esempio. Da bambino (e anche qui l’età è una discriminante…) avrai giocato a bocce o a biglie e credo non ti preoccupassi di contare i passi per capire la distanza dal boccino o valutare la pendenza con metodi tecnici per mandare la biglia nella direzione voluta. Queste abilità le hai sviluppate provando, e con l’esperienza sei diventato sempre più preciso.
Allo stesso modo i nostri occhi hanno una capacità innata di leggere la linea più corretta per un putt e di mandare l’indicazione al cervello affinché il movimento del bastone sia della giusta intensità. Capita quando, senza alcuna aspettativa, imbuchi un putt da 20 passi; in quel momento stai lasciando lavorare al meglio il tuo Self 2, e lui sa esattamente cosa fare.
Ma come allenare il tuo Self 2 affinché arrivi l’input corretto al cervello?
Ti propongo un esercizio che potrai praticare per allenare il tuo “Inner putt”.
Allinea 4 palline a pochi centimetri di distanza. Colpisci la prima e osserva dove si ferma. A questo punto colpisci la seconda, senza guardare dove va, e cerca di immaginare se è arrivata vicina alla prima, o se è rimasta corta. Controlla e fai la stessa cosa con le restanti palline. L’obiettivo non è colpire la prima pallina, ma percepire la distanza e la direzione di quelle successive.
Vinci se indovini, anche se è rimasta corta 5 cm, mentre perdi se bocci la prima pallina ma pensavi di essere andato lungo. Ad ogni colpo chiediti quale sensazione ti fa dire dove è andata la palla.
Se vuoi allenarti alla pressione, puoi ripetere questo esercizio mirando alla buca.
Alla fine anche sul Tour alcuni giocatori stanno tornando a sfruttare al meglio il proprio super computer, facendo putt ad occhi chiusi durante il torneo.
Fai in modo che il tuo peggior nemico non stia tra le tue stesse orecchie – Laird Hamilton