La storia della palla da golf

Nel corso degli ultimi trent’anni l’evoluzione tecnologica, a partire dai materiali fino ad arrivare alla progettazione e al disegno delle teste dei bastoni, ha avuto un grande impatto sul golf, ma nel corso dei secoli i cambiamenti più significativi sono stati segnati dall’evoluzione della palla.

Si presume che agli inizi, nel XIV secolo, si giocasse con palle realizzate a mano con legno di faggio o di bosso, ma verosimilmente venivano usate in giochi che erano simili al golf, e non era ancora quello che noi conosciamo oggi, giocato su percorsi realizzati appositamente. Fra la metà del 1400 e il 1618 gli Scozzesi importavano dall’Olanda delle palle di cuoio cucito a mano e riempito con pelo di vacca o paglia, e le cronache del 1554 certificano che questo tipo di palla, chiamata la “Hairy”, veniva realizzato in Scozia, dai pellai di North Leith.

Il 1618 segna una prima svolta, con l’introduzione della “Featherie”, una palla di simile fattura ma riempita con piume d’oca o di pollo. Le Featherie venivano realizzate cucendo un involucro di pelle in tre pezzi e riempendolo quando la pelle e le piume erano ancora bagnate; asciugandosi la pelle si ritraeva e le piume riguadagnavano volume, portando ad ottenere delle palle che erano più dure – avevano una compressione maggiore – e di conseguenza volavano di più. Il procedimento di manifattura era estremamente complesso e richiedeva molto tempo; un costruttore difficilmente riusciva a realizzarne più di tre o quattro in un giorno, cosa che rendeva le Feathery estremamente costose (potevano arrivare ad un prezzo equivalente a 20€ dei giorni nostri); Le Hairy sopravvissero accanto alle Feathery perché erano decisamente più economiche, ma entrambe presentavano dei problemi perché tendevano a perdere distanza se si bagnavano e facilmente si rompevano dopo una cinquantina di colpi.

Dovettero passare più di 200 anni, quando nel 1848 Robert Adam Paterson inventò la palla in guttaperca, la “Guttie”, realizzata dalla linfa dell’albero della Sapodilla malesiana. La storia racconta che il padre di Robert avesse ricevuto un regalo da Singapore in un imballo di guttaperca e Robert si rese conto che la resina poteva essere facilmente scaldata e modellata in una sfera, dando così inizio ad una nuova epoca per le palle da golf. Ci volle ancora qualche anno, ma i minori costi di produzione e l’introduzione dei bastoni con la testa in metallo fecero sì che nel 1860 la Guttie rimpiazzasse completamente la Feathery, e il golf diventasse un gioco più economico e più popolare. Inizialmente le Guttie erano lisce, ma ben presto ci si accorse che le prestazioni e la stabilità del volo aumentavano quando le palle cominciavano a presentare dei segni di usura; fu un calzolaio di St. Andrews il primo ad utilizzare i suoi strumenti di bottega per realizzare delle incisioni con un disegno regolare sulle palle da golf. Nel 1871 William Dunn costruì la prima macchina per stampare le palle in guttaperca, introducendo un metodo di produzione più coerente ed efficiente e contribuendo ulteriormente alla diffusione del gioco del golf.

Il 1898 segnò un altro passo avanti fondamentale, quando l’americano Coburn Haskell realizzò la sua palla da golf – la “Haskell”, per l’appunto – costituita da un nucleo solido avvolto in filo elastico di gomma e ricoperto con uno strato di guttaperca; Bobby Jones ne parlò come della più importante innovazione nel mondo del golf.
Nel giro di due anni John Gammeter brevetto una macchina per l’automazione del processo di produzione, e nei primi anni del ‘900 la Haskel sostituì interamente la Guttie. Nel contempo vennero realizzati dei nuovi disegni per la superficie della palla, il più diffuso dei quali era il “Bramble” (la “Mora”) che presentava una serie di piccole escrescenze sulla superficie; nel 1905 William Taylor brevettò la sua palla “Dympl”, con le caratteristiche fossette – i Dimple – che troviamo ancora oggi. Taylor cedette il suo brevetto alla Spalding, che per sette anni fu l’indiscusso dominatore del mercato, producendo palle dalle prestazioni decisamente superiori rispetto alla concorrenza.

Sebbene già nel 1902 fosse stata realizzata la prima palla in due pezzi con nucleo solido, ci vollero diversi anni prima che la Haskell venisse rimpiazzata; nel 1967 la Spalding iniziò ad utilizzare il Surlyn per realizzare lo strato di copertura e da allora innumerevoli varianti di palle in 2, 3 e 4 pezzi sono state progettate e sviluppate utilizzando diversi materiali e resine sintetiche, per adattarsi al meglio alle caratteristiche di ogni giocatore.

Questa straordinaria evoluzione dei materiali ha portato la USGA e la R&A a introdurre una regolamentazione, il cosiddetto “rollback”, che a tutti gli effetti è una involuzione nella tecnologia delle palle da golf. A partire dal 2028 i professionisti e dal 2030 tutti i golfisti si dovranno adeguare alle nuove regole che prevedono una limitazione per il volo della palla: questa decisione è stata presa nell’ottica di livellare il field a livello professionistico e di rendere nuovamente competitivi certi percorsi di vecchia costruzione che con le distanze di oggi sono stati snaturati. A detta delle autorità sovraintendenti questo avrà un impatto quasi ininfluente sulla maggior parte dei golfisti dilettanti, riducendo di 3 o 4 yards le distanze che si ottengono oggi, andando invece ad impattare maggiormente sul gioco dei cosiddetti “picchiatori”. In attesa che questo avvenga, continuiamo a scendere in campo seguendo il vecchio mantra “Tee it high and let it fly”.


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