Studiandomi attraverso lo specchio del golf, sono giunta a una conclusione: che alla mia veneranda età non mi sembra appropriato parlare di invecchiamento, ma di evoluzione sì.
Certo, ho le rughe, meno muscoli, la tiro molto più corta e faccio più fatica a vedere in maniera nitida le pendenze sui green, ma, in compenso, sono molto più saggia. Sono più disincantata di un tempo riguardo i sogni e gli obiettivi, ma al contempo sono certamente più realista. Il che non è poi così un male, anzi: a 57 anni, sono finalmente capace di porre la giusta dose di energia solo in progetti che valga la pena rincorrere. Il resto, scivola via. E, a dirla tutta, proprio parlando di obiettivi e target, mi sono resa conto del più grande miglioramento che ho compiuto in tarda età: golfisticamente parlando, ho finalmente iniziato a non inseguire più il risultato immediato, ma piuttosto ad amare il processo. Ho capito che gli obiettivi hanno un valore solo se ci trasformano migliorandoci mentre li rincorriamo.
Ho capito che nel golf (come nella vita) ciò che conta non è tanto l’ottenimento del risultato in sé, quanto invece il percorso che fai per ottenere quel risultato.
La verità è che ogni cosa che ha un valore nella vita, e ovviamente anche nel golf, ha bisogno di tempo: tempo per comprenderla, per focalizzarla, per inseguirla, per amarla e, finalmente, per agguantarla. Tempo che non è mai sprecato, ma investito. Certo, a volte comprendere questa dinamica è arduo: viviamo immersi nella società dell’immediatezza, in cui il processo di crescita golfistica spaventa, perché ci costringe a impegnarci, a resistere, a ripeterci, a credere. Ma se si riesce a restare concentrati sull’obiettivo sportivo a lungo termine, l’allenamento diventa un piacere, un valore aggiunto, uno specchio in cui rimirarci mentre cresciamo lentamente, passo dopo passo, swing dopo swing.
Ed ecco dove era nascosta la grande saggezza che ho capito solo ora: che nel golf non conta la velocità con cui realizzi i tuoi target. Piuttosto conta migliorarsi, sempre. Perché migliorare è un processo senza fine, in cui l’unico che può batterti sei tu stesso. E alla mia età non esiste gioia più grande di quando finalmente inizi a comprendere la meccanica di un approccio particolare o di un putt in pendenza, perché, quando ormai non puoi più contare sulla lunghezza dal tee, ma soprattutto sulla precisione del tuo gioco corto, è lì che decidi finalmente che devi migliorare trasformandoti.