Toglieteci tutto, ma non Rory McIlroy

Al netto di Tiger e di un redivivo Phil Mickelson, nel mondo del golf, e soprattutto in quello europeo, si parla sempre e solo di Rory McIlroy.

Rory McIlroy

Per dire: per quanto concerne il prossimo super Scottish Open che scatta giovedì sul links del Renaissance Golf Club a North Berwick, persino il sito dell’European Tour ha indugiato più sull’atteso ritorno di Rory in Scozia, piuttosto che su quello del numero 1 al mondo Jon Rahm.

Perché, verrebbe da domandarsi.

Beh, potreste rispondermi che le cose stanno così, perché Rory accende così tanta energia nelle fantasie dei guardoni delle cose del green, che con quella stessa energia ci si potrebbe illuminare la finale degli europei di Wembley.

Ok, ma allora ribatto: perché il trentenne di Holywood, qualsiasi cosa faccia o dica, ci rende così elettrizzati?

Voglio dire, lo suggeriscono pure i numeri:

su Instagram, l’odierno borsino del valore di un personaggio, Rory vanta 2,1 milioni di follower; Rahm, il numero 1 del mondo, nonché il recente vincitore dello U.S. Open, “appena” 380 mila. E gli altri, potreste chiedervi? Beh, Mickelson è fermo a 1,2 milioni di fan, esattamente come altri due tipini tosti che rispondono al nome di Dustin Johnson e Justin Thomas.

E dunque? Al netto del talento indiscutibile, cosa si nasconde di così magico e attrattivo nel personaggio McIlroy?

Secondo un golf influencer che ha preferito restare anonimo, in generale il successo di pubblico e sui social dipende certamente da vari fattori, ma da uno più degli altri: “Bisogna sapersi porre come un modello di ispirazione per le persone, senza per questo essere né troppo perfetti, né troppo distanti. I fan devono poter pensare di poter diventare come te, perché in fondo non appari così diverso da loro”.

Boom!

Rory McIlroy

 

Inconsapevolmente, Rory ha tutte queste qualità: figlio della classe operaia nordirlandese, ha preso i limoni che la vita gli ha dato, e, non solo ci ha fatto una limonata come suggerisce Beyoncè, ma ci ha aggiunto sale e tequila fino a divenire uno dei giocatori più pagati della storia del golf; a differenza di campioni dai fisici bestiali come DJ, Rahm o DeChambeau, è sì super atletico, ma è al contempo minuto e piccolino come la maggior parte di noi; nonostante la classe stellare, non manca mai di mostrare le sue fragilità in campo e a volte lo fa manco fosse un dilettante allo sbaraglio; ha uno swing inimitabile e meraviglioso, ma qualche volta, all’improvviso, anche la sua tecnica sopraffina collassa in mondovisione; non vince un major dal 2014 e tutti noi abbiamo la sensazione di star aspettando insieme a lui che il destino si commuova e gli lasci finalmente conquistare l’ambita giacca verde; davanti ai microfoni ha personalità: è sempre onesto e mai banale e dice sempre quello che pensa, costi quel che costi.

In definitiva, con lui in giro non sai mai cosa aspettarti.

Ora: mixate tutto questo e avrete un giocatore che in una scala da zero a infarto, vi terrà incollati allo schermo con il defibrillatore a portata di mano. E in fondo, noi guardoni delle cose del golf non chiediamo di più.


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