Tommy Aaron. Da quel tragico 1968 al meraviglioso 1973.

Il tragico 1968

Vi avevo già raccontato di Tommy Aaron, ma soprattutto del tragico momento di Roberto De Vicenzo. Trovate il racconto a questo link. 

È stato solo in una recente intervista che Aaron ha raccontato l’intera storia di ciò che è accaduto nel 1968, in quello che è stato probabilmente il peggior momento nella storia del Masters.

Ha raccontato di come, dopo aver scritto erroneamente un 4 sullo scorecard di De Vicenzo invece del 3, non sia stato in grado di correggere l’errore prima di vederlo nella classifica finale.

Rendendosi conto che fosse troppo tardi, Aaron ha avuto il compito di informare immediatamente De Vicenzo.

Ricorda ancora la discussione come se fosse ieri….

L’errore fu seriamente criticato dalla stampa e sia Bob Goalby (l’eventuale vincitore) che Tommy Aaron, furono oggetto di molte lettere di odio e risentimento dopo il torneo.

Anche se Jack Nicklaus si schierò in difesa di Aaron e affermò che alla fine il giocatore è responsabile del proprio score e non il marcatore, Aaron fu ritenuto personalmente responsabile dello storico errore di calcolo.                             

Il meraviglioso 1973

“Non riesco a esprimere le pene dell’inferno che ho passato cinque anni dopo per vincere io stesso una giacca verde. Ironia della sorte, nell’ultimo giro di quell’anno il mio compagno di gioco, Johnny Miller, registrò sulla mia carta un punteggio sbagliato su una buca. Ma controllai lo score e  trovai l’errore!.”                              

Nato nel febbraio del ’37.

Passò professionista nel 1960 all’età di 23 anni dopo una brillante carriera amatoriale.

I record amatoriali dell’epoca mostrano che vinse diversi titoli e fu selezionato per giocare nella squadra dell’American Walker Cup. Il caratteristico finish di  Tommy Aaron è rimasto lo stesso per tutta la sua carriera.

Tommy Aaron al Masters 1973

La storia della sua vittoria al Masters del ’73 è stata raccontata da Tommy alcuni anni fa:

“Fu una vera sorpresa.

Mia moglie dall’inizio dell’anno subì tre interventi chirurgici in seguito ad alcune complicazioni; rimase in ospedale per più di un mese. Quindi giocai solo in due o tre tornei della West Coast e la settimana prima del Masters a Greensboro giocando così così per finire a metà classifica.

Quando sono arrivato ad Augusta non mi aspettavo niente. Ero solo contento che mia moglie stesse bene. Era a casa a riposare – l’unico Master dal quale fu assente – così io ero lì da solo, a giocare a golf con un appartamento in affitto.

Non ho giocato un gran ché nei giri di pratica. Ma giovedì mentre praticavo, come spesso accade, ho iniziato ad avere buone sensazioni con il mio movimento. Ho tirato 68 colpi e all’improvviso ero in testa al Masters dopo il primo giro”.

“Ho faticato nel secondo e terzo giro, tirandone 73 e 74, ma ero ancora in gara, solo quattro colpi da Peter Oosterhuis. 

Poi sul campo pratica prima del giro finale, il mio swing ha recuperato un po’ della fluidità e della libertà che aveva nel primo round. Ho tirato  alle aste facendo birdie 1, 2 e 3. Ho pensato: “Hey, potrei rientrare in gara “.

Con il birdie alla 8 e le prime nove in 32 colpi, mi sono messo in una posizione in cui, se mai avessi avuto la possibilità di vincere il Masters, sarebbe potuto succedere con delle buone seconde nove .

Feci subito bogey alla 10 con tre putt e bogey 11 dopo un ferro sbagliato e un approccio mediocre.

Ma ho recuperato con un birdie al 13 ed un altro da dietro il green al 15. Ora restava solo da vedere se J.C. Snead poteva raggiungermi. Era un colpo dietro. Fece un ottimo par alla 17 e poi due putt alla 18 da 10 metri”.

“Avevo vinto e il mio sogno di una vita si era avverato”.


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