G4D Open: Un’imbucata alla festa del golf.

Questo articolo è stato scritto prima della gravissima alluvione che ha colpito la mia città Faenza e che sta ancora devastando tutta la Romagna. Noi Romagnoli abbiamo la pelle dura ed il lavoro non ci fa paura, ma abbiamo davvero bisogno dell’aiuto di tutti. La Regione Emilia Romagna e la Protezione Civile hanno attivato un conto corrente dove è possibile fare offerte a sostegno delle persone e delle comunità colpite. L’iban è IT 69 G 02008 02435000104428964 causale ALLUVIONE EMILIA-ROMAGNA.

Grazie di cuore a nome di tutti noi.

Ale Donati


G4D Open: Un’imbucata alla festa del golf

Immaginate di poter partecipare all’Open Championship, o all’AIG Women’s Championship, a Woburn, giocando con i più forti golfisti e più forti golfiste del globo.

Come vi sentireste?

Ecco, io mi sono sentita così.

Sapevo già che sarebbe stato un grande evento, così mi sono iscritta nonostante fossi ben consapevole che non avrei avuto alcuna possibilità di piazzamento. Volevo essere una degli 80 ammessi alla competizione, senza pensare a niente altro che godermi il fatto di essere lì, accantonando l’obiettivo punti per il ranking e l’ordine di merito. Ma temevo che non mi avrebbero ammesso: la mia categoria di gioco è stableford, difficile essere chiamata ad una competizione strokeplay lordo.

Quando ho ricevuto la comunicazione di ammissione ho festeggiato come se avessi vinto. Leggendo la lista dei giocatori ammessi mi sono sentita come se fossi un’imbucata ad una festa, la Donati a fianco dei top players con disabilità di tutto il mondo.

Gli altri italiani ammessi sono: Tommaso Perrino, Vittorio Cascino, Lorenzo Bortolato, Luisa Ceola e Stefano Palmieri.

Arrivo a Woburn il lunedì mattina presto: il primo giro di prova è fissato per le 13.24, ma voglio avere del tempo per curiosare. All’ingresso della clubhouse ci sono i pannelli in legno con i nomi dei vincitori dei tornei più prestigiosi. Come è mia abitudine inizio a leggere per cercare nomi conosciuti. Eh sì, ma guarda chi c’è! Leggo i nomi di Stefania Croce e di Federica Dassù, vengo assalita da un impeto di orgoglio nazionalista.

Proseguo e mi dirigo dalla rappresentante dell’R&A per la registrazione. Qui si fa tutto come per le gare del tour: badge da mettere al collo con la scritta PLAYER, kit di benvenuto. Nello spogliatoio ho il mio armadietto con tanto di nome: meglio che nell’LPGA!

 

Non vedo l’ora di provare i green: ah che spettacolo! Passo un’ora al putting green, la palla rotola meravigliosamente. Qui incontro Brendan Lawlor: da buon irlandese è sempre molto amichevole e cordiale. Mi racconta del brutto episodio di cui è stato vittima dopo la sua partecipazione all’ISPS Handa Championship in Giappone: ‘Vedi, adesso io mi faccio una risata, ma tante persone con problemi simili ai miei e che ancora non hanno superato dal punto di vista personale, leggendo queste cose possono avere conseguenze negative anche gravi’.

Sono d’accordo.

 

Per raggiungere il driving range occorre percorrere un lungo sentiero ai bordi del campo. È una grande area dove in mezzo agli alberi ci sono anche due grandi green per gli approcci. C’è anche un gazebo dove il professor Wallace ed i suoi assistenti continuano lo studio dello swing utilizzando il Trackman.

Finalmente arriva il momento del primo giro di prova e di conoscere il campo, il Duchess Course. Il percorso è impegnativo: stretto e lungo. I fairways sono letteralmente in mezzo ad una foresta, i green sono bellissimi. Federica Dassù mi manda un messaggio ‘Con Woburn nel cuore e lì… se piove è sempre bello!’

Con il n. 1 mondiale Kipp Popert

Come mi ha detto il mio amico Mike Jones ‘Poter essere qui è già aver vinto. In queste giornate si sta facendo la storia del golf per disabili, e noi siamo parte di questa storia’.

Non è una esagerazione. Basta dare un’occhiata alla pagina web di R&A: fino all’anno scorso c’erano campionati per amateur uomini e donne, ragazzi e ragazze, senior uomini e donne, ma niente per i golfisti disabili. Con il G4D Open si è finalmente riempito un vuoto.

La mattina del primo giorno di gara vengo accompagnata da un tassista italiano. Durante il viaggio parliamo come ci conoscessimo da tanto tempo, come sempre mi succede quando all’estero si incontrano connazionali. Mi saluta dicendomi ‘Oggi il caso ci ha fatto incontrare, due italiani, vedrai che ti divertirai e giocherai bene’.

Come tutti i golfisti sono scaramantica, ma questa volta no: sì ero anche io sicura che sarebbe andato tutto bene. Mi avvio alla partenza e vedo lo starter, mi sembra un volto conosciuto.

Tra Susan Simpson (Championship Director) ed il mitico speaker A. Scott

Ma sì, è proprio lui, Alistair Scott, lo speaker ufficiale del DP World Tour! Visto tante volte in televisione annunciare i golfisti più grandi del mondo, ed ora annuncia me… ‘From Italy Alessandra Donati’.  Il mio cuore batte a mille, il mio primo colpo non è granché, ma non faccio danni. Il mio compagno di flight è l’inglese Greg Jackson, ha perso l’uso delle gambe per un incidente stradale all’età di 21 anni, anche lui è molto emozionato. Dopo le prime buche, ci rilassiamo e Greg mi racconta che non credeva di riuscire a giocare a golf finché qualcuno non ha insistito a farlo provare. Il suo unico rimpianto è non aver provato prima.

Al tee di partenza con Greg Jackson e Al. Scott

Sono soddisfatta del mio primo giro, ho fatto errori, ma anche belle cose.

Nella players lounge vedo Alistair Scott, mi faccio coraggio e vado da lui. Gli dico che questa mattina non potevo credere ai miei occhi. Lui ride, ‘Sono scozzese ma abito qui vicino, è un grande piacere per me essere qui’.

Nel frattempo arrivano Luisa Ceola e Lorenzo Bortolato: parliamo di come è andato il giro. Il padre di Vittorio Cascino è con gli occhi incollati al leaderboard, non ha seguito il figlio in campo ed è comprensibilmente ansioso.

Il secondo giorno è tutta un’altra storia. Arrivo al campo e il mio inconscio mi parla tramite una canzone degli Smiths: I’ve started something I couldn’t finish. Ho iniziato qualcosa che non posso finire. Mi sento stanca, stanchissima. Incontro Fiona Gray e mi dà due pasticcone di vitamine da sciogliere nell’acqua, ‘Queste ti daranno energia’ mi dice. Niente da fare. Il mio cervello continua a mandare in onda in loop la canzone degli Smiths ed io non vedo l’ora di finire. Gioco male, anche il gioco corto che era stato il mio asso nella manica. Il campo è bagnato e la palla si pianta, i green non sono veloci come il giorno prima e resto sempre troppo corta. Un incubo golfistico, ma voglio arrivare fino in fondo.

Alla mattina del terzo giorno di gara il mio inconscio mi parla ancora, stavolta con la canzone dei Madness ‘Baggy Trousers’. Ti devi divertire e basta, è questo che mi vuole dire. Gioco con Stefano&Stefano, cioè Stefano Palmieri e la sua guida Stefano Bertola. Dopo una prima buca disastrosa mi dico che l’unica cosa che mi resta da fare è divertirmi per davvero. Così resetto tutto, e riparto dalla buca 2 canticchiando l’allegro ska degli inglesissimi Madness. Il campo è veramente spettacolare, sbucano daini da sotto gli alberi, c’è un’aquila che ci guarda dal fairway a fianco. Sento un grande senso di gratitudine: per aver avuto l’opportunità di giocare qui, essere una degli 80. Un sogno che si è realizzato.

Chiudo con un appello a tutte le ragazze e a tutti i ragazzi con disabilità: il futuro del nostro movimento è vostro, non lasciatevi frenare dalle vostre insicurezze e paure, e nemmeno dai primi inevitabili fallimenti.

Non rinunciate mai ai vostri sogni, se una porta vi viene chiusa in faccia, se ne aprirà un’altra più grande e più bella.

Io lo posso dire.


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